Lara Bellulovich. Appassionata lettrice soprattutto di racconti, raccolte e romanzi di narrativa. Ha amato da sempre scrivere e partecipare al corso di scrittura creativa organizzato dall’Associazione 50&Più le ha dato quella spinta e motivazione per poter mettere in pratica la sua passione. Partecipa al Concorso 50&Più per la prima volta. Vive a Carrara.
Mentre sei seduta nell’erba sotto un insolito sole caldo del pomeriggio e osservi i bambini giocare, arriva la chiamata. La dottoressa dice che non c’è più tempo, è finito il tempo di sperare.
Pensi con senso di colpa che potresti anche non arrivare in tempo, in fondo speri di arrivare tardi così da non vedere.
Invece arrivi, sei comunque contenta di esserci, avresti voluto non esserci ma ci sei.
Mentre lo guardi con gli occhi secchi di pianto, la tua testa va per conto suo, non sta ferma, divaga.
Ricordi quella paura ancora come un fardello sul petto, tuo padre ti disse che avreste fatto l’immersione, ormai eri grande, pronta, dovevi solo tenerti alle sue spalle e non mollare la presa, lo sapeva che avevi paura anche se non dicevi nulla – dicono che è il momento ma il momento si dilata in tante ore di attesa nella camera, è il settimo piano, quello delle stanzine dei paganti o dei morenti – l’acqua era verdognola, non era un buon mare a vedersi, tuo padre però era contento della sua ragazzina coraggiosa anche se alla sua bambina sudavano le mani e si serravano i denti – fino a ieri lo ascoltavi parlare ancora del suo paese d’infanzia e oggi invece lo vedi assente, gli occhi guardano oltre, le poche volte che li apre, la dottoressa ti dice che il suo corpo ha detto basta, non resiste più e allora aspetti, aspettate, voi tre con lui, famiglia che tace sempre e anche ora tace perché mancano le parole – ti sentivi mancare il respiro mentre eri ancora fuori dall’acqua, un piede, due, l’acqua alle ginocchia. Ti disse di bagnare la pancia per non sentire più il freddo e cominciò a nuotare, piano piano, invitandoti a seguirlo, tanto anche tu sapevi stare ben a galla – e lo vedi disteso ormai non è più qui ed ecco che lo senti, il rumore del respiro che sembra sott’acqua ma di acqua non ne vedi e pensi che la vita ha un’amara ironia, passare la vita in mare e lasciarla con il respiro d’acqua – ti disse respira bene, respira forte, riempi di ossigeno i polmoni, a bocca aperta, così quando andremo sotto non ti sentirai soffocare – e la bocca è aperta in uno sforzo sovrumano, nel cercare ogni più piccola molecola d’aria per farla entrare – e vi allontanaste dagli scogli verso l’acqua più profonda, non si può fare un’immersione nell’acqua bassa, tu piccola guerriera come lui avrebbe voluto, era avanti tuo padre, amava le donne emancipate, soprattutto quelle che sapevano andare in motocicletta – vado dalla prima persona che trovo con la divisa e dice che sì, è il segno che i polmoni stanno collassando e che l’acqua prende il posto dell’aria e allora è questo il rumore, il gorgoglio aumenta sempre di più e diventa più forte, l’aria più corta e l’acqua più lunga – ti disse ci siamo, ora si va sotto, prendi il respiro più lungo del mondo e tieniti forte a me e andaste giù, lui nuotava verso il fondo e ti sembrava che con una sola bracciata facesse più metri, tu le mani strette alle sue spalle con la paura di perdere la presa – la morte fa rumore – quindi, il rumore della morte che arriva senza fretta mentre l’aria che entra è sempre meno e l’acqua avanza – andavate sempre più giù, gli occhi ti bruciavano per il sale e sentivi di non poter resistere a lungo con quel respiro fermo nella gola e ad un tratto perdesti la presa, in un attimo non lo vedesti più, c’era solo il verde dell’acqua e la gola che stava per scoppiare – lentamente l’aria non entra più, senti solo rumore di acqua per minuti che sono infiniti e poi niente, il rumore si tace – guardasti verso l’alto, verso la luce sul pelo dell’acqua che era lontana, irraggiungibile, dovevi andare verso il bagliore d’oro, bambina guerriera, senza paura – l’acqua vince, resti con il viso tra le mani sulla sua mano, sola con il ticchettio dell’orologio e finalmente è silenzio – con l’ultima spinta ti librasti come un pesce tirando fuori la testa dall’acqua e, con le lacrime agli occhi per il bruciore e lo spavento, prendesti tutta l’aria che potevi a riempire di ossigeno i polmoni.