Patrizio Beleggia.
Vive a Porto San Giorgio (Fm). Laureato, ex dirigente di banca ora in pensione. Scrive poesie sin dall’adolescenza. Partecipa al Concorso 50&Più per la terza volta; nel 2019 e nel 2020 ha ricevuto la Menzione speciale della giuria per la poesia.
Tornai da una guerra che non volli, incolto non capii – non si comprende mai una guerra -.
Era un meriggio d’aprile , la gioventù smarrita fra echi dispersi di vite sconvolte,
amici perduti qui ed altrove.
Cercai l’antica fonte- ronzio d’api, sentore di verbena – e ti trovai lì’ ancora ragazza
Il petto ansante come un tempo, esitai, lo sfiorai, restasti, eravamo cugini.
Poi strinsi la mano e camminammo muti, guardai e ti vidi diversa, un altro modo
di scrutarti così’ urlai a voce bassa il tuo nome-un amore latente, una poesia
svelata come un campo divelto-
Fu a Pentecoste o alla mietitura, non ricordo, tuo padre mi disse :- la ragazza è forte
e buona – Era vero.
Ci sposammo il 31 ottobre quando nessuno lo fa , poveri ,un sorriso a stento sull’arco
di Sant’Andrea, pioveva e qualcuno derise il nostro destino, qualcuno che poi aiutai.
Lunghi gli anni che ci sono corsi accanto, come tanti fra noi fu duro lavoro senza
ricchezza, i figli il nostro ristoro ma erano aquile lontane, fugaci ritorni.
Ora non sei più’. La notte è assente il tuo fianco e mi ritraggo sgomento, le forme
di un’ombra.
Come Orfeo scenderei nel gorgo per riaverti ma sono sfatto e stordito e non ho cetre,
non ho canti.
Così continuo a pensarti, a ridefinire il tuo volto, negli occhi di vegliardo lo stesso fisso
stupore, il cuore di fanciullo sempre smagliante
Conforto e dolore fra onde e brani di vita restante.
E’ ancora un meriggio d’aprile e guarda… il nostro amore mi ha svuotato, s’è fatto
sostanza e balena nell’universo come una cometa feconda.
Porto San Giorgio 7/3/2021