Per i ricercatori della San Diego School of Medicine dell’Università della California sette domande chiave sono sufficienti per determinare il proprio livello di saggezza. Perfezionare una virtù notoriamente associata ad una vita serena e equilibrata non è più un miraggio.
Impossibile racchiudere la parola saggezza in un’unica definizione. Per la Treccani è la capacità di seguire la ragione nel comportamento e nei giudizi, avendo moderazione nei desideri, equilibrio e prudenza nel valutare le situazioni e nel decidere, nel parlare e nell’agire. Una dote che deriva dall’esperienza, dalla meditazione sulle circostanze e che riguarda soprattutto il comportamento morale. E dunque, appare come una qualità tutto sommato ambigua (il saggio agisce in primis per il proprio interesse) e indotta dagli eventi. Inoltre: c’è un momento nella vita in cui diventare saggi o molti sono destinati a non esserlo mai?
I pilastri della saggezza
Ciò premesso, parrebbe persino utopico pensare ad una scala di misurazione di una qualità tanto complessa. Eppure alcuni ricercatori sono convinti di aver scoperto una tecnica scientifica per valutare il grado di saggezza di ognuno di noi. Da tempo lo psichiatra statunitense Dilip Jeste ha sviluppato la San Diego Wisdom Scale, un’unità di misurazione basata su 28 domande, volta a misurare il livello di capacità di 7 capacità cognitive collegate all’essere saggi. Nello specifico: autoriflessione, esercitare comportamenti prosociali (empatia, compassione e altruismo), autoregolazione emotiva, accettazione di diverse prospettive, risolutezza, consulenza sociale (dare consigli razionali e utili agli altri) e spiritualità.
7 domande per sapere quanto siamo saggi
Ma dopo aver impiegato quel test su 2.038 persone tra i 20 e gli 82 anni, spiega Jeste su International Psychigeriatrics, “ci siamo accorti che bastano solo 7 di quelle 28 domande per ottenere una buona valutazione del grado di saggezza di ognuno”. In pratica, per autovalutarsi, è sufficiente rispondere a semplici quesiti del tipo “rimango calmo sotto pressione” ed “evito situazioni in cui so che servirà il mio aiuto”. Queste misurazioni per gli scienziati forniscono informazioni preziose per valutare alcuni fattori che influiscono sul benessere mentale e su un invecchiamento ottimale. E snellire le procedure dei test permette di avere una marcia in più.
Saggezza uguale più salute e longevità
Jeste si difende dalle accuse di eccessiva semplificazione, affermando che in campo scientifico “più breve non vuol dire meno valido”. E assicura di aver selezionato il giusto tipo di domande per ottenere informazioni importanti che non solo contribuiscono al progresso della scienza, ma, aggiunge, “supportano anche i nostri dati precedenti secondo cui la saggezza è correlata alla salute e alla longevità”. I risultati del test su scala ridotta infatti sono sufficienti a dimostrare la diretta correlazione tra saggezza resilienza, felicità e benessere. E un’altrettanta forte correlazione, ma stavolta in senso negativo, tra la sua mancanza e sentimenti come solitudine, depressione e ansia.
È possibile diventare più saggi?
Per Jeste è possibile intervenire per aumentare i livelli delle 7 componenti della saggezza, così da ridurre la solitudine e aumentare il benessere generale. “Come il vaccino contro il COVID-19 ci protegge dal nuovo coronavirus, la saggezza può aiutarci a proteggerci dalla solitudine. Pertanto, possiamo potenzialmente aiutare a porre fine a una pandemia comportamentale di solitudine, suicidi e abuso di oppioidi che si è protratta negli ultimi 20 anni”. I prossimi passi includono studi genetici, biologici, psicosociali e culturali di un gran numero di popolazioni diverse per valutare i rispettivi concetti di saggezza. Nonché ricerche sui diversi fattori relativi alla salute fisica e cognitiva delle persone durante tutto l’arco dell’esistenza. C’è un grande bisogno di saggezza per affrontare le vicissitudini della vita. Ora, con un breve elenco di domande e i pochi minuti necessari per rispondere, la ricerca della felicità appare meno lontana.
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