Marcella Banditella. Vedova, madre di due figli e nonna di sei nipoti. Ha lavorato come guida turistica dell’Umbria per quarant’anni. Partecipa al Concorso 50&Più per la seconda volta; nel 2020 ha ricevuto la Menzione speciale della giuria per la prosa. Vive ad Assisi.
– Ottobre 2019: una rara malattia virale che era iniziata in Cina, comincia a dilagare e giunge anche in Europa. Alla malattia viene dato il nome di Coronavirus o Covid19.
– Anno 2020: L’epidemia si estende a tutto il mondo e diventa pandemia. In Italia ci sono diversi contagiati.
Rimarrà indimenticabile la severa parata che seguimmo in TV, dei camion militari che caricavano le numerose bare allineate per portarle alla cremazione, mentre da casa sussurravamo una prece con il nodo alla gola e le lacrime agli occhi.
Preghiere si innalzavano al Signore, dalle case, dalle chiese, dalle strade… gli occupanti di quelle bare trovarono in ognuno di noi una famiglia che lo aveva amorevolmente adottato, un po’ come il Milite Ignoto all’Altare della Patria a Roma.
Per cercare di tenere alto il morale si intonavano canti dai balconi delle case e si scrivevano striscioni con parole di incoraggiamento “andrà tutto bene”… “ce la faremo”… Le scuole erano chiuse e insegnanti e studenti lavoravano “online” da casa; persino esami universitari e discussioni di Tesi di Laurea avvenivano in maniera telematica. Il morale era piuttosto basso perché le limitazioni innervosivano un po’ e tutte quelle ore trascorse insieme in casa se da un lato aiutavano a parlare di più tra familiari, da un altro facevano sorgere disappunti e insofferenze e parecchie coppie si sono separate. Non parliamo poi dei programmi in TV con continui telegiornali i cui argomenti riguardavano soprattutto la pandemia; tutti indossando sempre quelle tristi mascherine e le notizie sembravano dei bollettini di guerra: “Nuovi contagi: tot…// Dimessi: tot…// Deceduti: tot…//” e persino il tentativo di donare spensieratezza con programmi televisivi allegri, risultava il più delle volte, triste e patetico.
E’ stato straziante, ma – come accade in tutte le vicende della vita – anche a questa ci siamo assuefatti e così già nel corso dell’anno anche i meno pratici di telematica si adeguavano a parlare con congiunti ed amici da un telefonino, talvolta persino con il video. Solamente i decessi erano insostituibili, anche se ci si rifugiava nelle parole consolatrici di Sant’Agostino che ci prometteva luoghi inimmaginabilmente belli:
“… Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo, se tu potessi vedere e sentire quello che io vedo e sento in questi orizzonti senza fine e in questa luce che tutto investe e penetra, tu non piangeresti!”… diceva, tra altre belle parole Sant’Agostino.
Il mio pensiero volava al Medioevo, quando la peste colpiva luoghi e popolazioni per interi anni, quando i mezzi sanitari si limitavano a erbe e impiastri preparati da monaci oppure da stregoni; l’unica salvezza si sperava ottenerla dalla preghiera e la gente si raccomandava alla Madonna e a tutti i Santi del cielo.
In quanto a questo, le cose non sono cambiate: tuttora ci raccomandiamo con Messe e Santi Rosari, ma a differenza dal Medioevo, ora abbiamo anche la Scienza che ci sta procurando dei vaccini che forse ci renderanno immuni al virus.
– Anno 2021, mese di Marzo: la pandemia continua e la mia famiglia, malgrado tutte le precauzioni, è stata colpita dal Covid; mia figlia ed io siamo due ex-Covidiane e ora mi accingo a raccontarvi in breve la mia esperienza.
Venni ricoverata la sera del 17 Marzo dopo qualche giorno di febbriciattola che non sembrava preoccupante, ma invece era “Polmonite bilaterale, Enfisema polmonare” e altro; mia figlia era stata invece ricoverata qualche giorno prima di me, con febbre altissima e “Polmonite bilaterale dagli apici alle basi, virale e batterica”.
Mi trattennero 18 giorni e fui curata e assistita scrupolosamente, direi anche amorevolmente se non temessi di venire giudicata un po’ sdolcinata… in un ospedale a 40 km. dalla mia città, dove nessuno mi conosceva: questo dimostra come la Sanità italiana funziona con la massima professionalità, efficienza e anche grande umanità.
Ero circondata da “Angeli Bianchi” – Medici, Infermieri, Personale Sanitario – che mi propiziavano ogni sorta di attenzioni e di cure.
Erano tutti ricoperti dalle tute bianche a perdere dopo ogni uso; erano di tessuto non tessuto e il non riutilizzo era per evitare probabili ulteriori contagi, dato che noi degenti eravamo infetti, ed è perciò che i nostri Angeli Bianchi, erano completamente coperti da quella tuta bianca con soprascarpe e indossavano inoltre la mascherina, occhiali e sopra al cappuccio della tuta avevano anche un casco leggero e trasparente che li isolava ulteriormente, facendoli somigliare a degli extra-terrestri.
Ogni cinque giorni venivano sottoposti al tampone e durante il loro turno di lavoro non potevano mangiare, bere, andare in bagno, usare il telefono o qualunque altra cosa che non fosse il loro lavoro e tutto ciò veniva osservato scrupolosamente.
Quando mi spostavano all’interno dell’Ospedale per la Tac oppure per cambiare di piano perché la Medicina si trovava su tre piani diversi a seconda della gravità del degente, le infermiere che spingevano il mio letto ed io, venivamo seguite da un personaggio che spruzzava all’intorno dopo il nostro passaggio, una sostanza vaporizzata per sanificare l’ambiente perché io risultavo ancora “positiva” e infetta.
Non conoscevo i volti dei miei Angeli, ma loro conoscevano il mio e così seppi che il sanificatore si chiamava Giuseppe ed era stato sempre lo stesso, la sera in cui giunsi e anche durante gli altri spostamenti interni. Venni a saperlo da lui in ascensore mentre mi stava scortando all’Ambulanza, quando fui dimessa dopo i 18 giorni di ricovero e lui si ricordava di me fin dal momento in cui ero arrivata: inaudito!… e pensare che ero solo una delle tante persone ricoverate, senza alcuna peculiarità!
Durante quei giorni ebbi il tempo di pensare e riflettere sulle diverse vicissitudini della vita: famiglia, marito, figli, casa, lavoro… di alcune cose ero soddisfatta, di altre un po’ meno e talune di loro avrei potuto rimediarle in seguito.
Avrei voluto parlare di più con i miei compagni di stanza, ma avevo perso l’udito, cioè era gravemente diminuito a causa del Covid e non mi andava di far ripetere le cose, perciò mi limitavo a salutare dando il benvenuto, a chiedere il loro nome e a comunicare il mio. Inoltre, l’essere giorno e notte attaccati al tubo dell’ossigeno, impediva gli spostamenti e anche la libertà di movimento persino nel letto.
Ma questo Covid come si comportava? Ho già detto che mi aveva tolto una buona percentuale di udito ma non dava dolori, mi propiziava pochi odori e anche pochi sapori… talvolta aveva un profumo un po’ incerto, subdolo, era un olezzo sornione, morbido, flessuoso, quasi gentile, suadente, un po’ dominante ma mai aggressivo, incantatore come il Pifferaio Magico, la fiaba che tanto m’incantava da bambina… e nel ricordarne la morale, ora mi viene in mente un pensiero agghiacciante, perché potrebbe essere una terribile profezia e il ripetersi di una storia molto antica.
Sembra che la storia era tramandata dal XIII secolo e che i Fratelli Grimm l’abbiano solo fatta rivivere e… lo ricordate l’epilogo della fiaba? Il pifferaio magico dopo aver liberato il villaggio tedesco di Hamelin dai topi che l’infestavano, incantò anche i bambini del piccolo borgo i quali lo seguirono fino a dentro un anfratto della montagna scomparendo per sempre e abbandonando così le loro case e le loro famiglie e… ricordate perché i bambini del villaggio vennero incantati? Perché il capo del villaggio non aveva voluto pagare il prezzo che era stato pattuito con il pifferaio per liberare la città dai topi che l’infestavano e… quale sarebbe la morale?
“Bisogna sempre osservare la parola data e il rispetto delle cose altrui”.
Riflettiamo: il Covid (i topi infestanti) è un allarme della Natura (il Pifferaio) alla quale noi dovremmo quel rispetto (il pagamento pattuito) che invece da tanto tempo stiamo negando; il nostro futuro (i bambini incantati) sarà irrimediabilmente compromesso (con l’estinzione) se non corriamo presto ai ripari, mentre il Covid come ho detto sopra, insieme ad altri fenomeni catastrofici, non è altro che la conseguenza dei danni da noi causati (i topi infestanti).
Noi abbiamo ricevuto gratuitamente l’uso dei beni della Terra e il suo rispetto sarebbe il prezzo da pagare; ora, la Natura delusa esige il pagamento (rispetto) che noi abbiamo il dovere di onorare. Come? Riparando nel possibile i danni che abbiamo causato e ce ne stiamo rendendo conto anche con altri allarmi tali la quasi scomparsa delle api che effettuano l’impollinazione e quindi la riproduzione delle piante, le tante catastrofi sempre più gravi e frequenti causate dai fenomeni atmosferici naturali come tornado, uragani, tifoni e altro, lo scioglimento dei ghiacci con conseguenti inabissamenti delle terre che da spiagge incantevoli diverranno mute terre sommerse.
A metà circa dell’anno 2021 siamo ancora in ansia per la fine della pandemia, fine che purtroppo vediamo ancora lontana mentre il mio pensiero vola ai Paesi poveri del mondo dove i soccorsi, le cure e i vaccini giungeranno con molto ritardo.
Quando chi adesso è bambino diventerà adulto, potrà raccontare ai propri figli questa esperienza lunga e dolorosa, come le generazioni precedenti avevano raccontato a noi ormai anziani, circa le due Guerre Mondiali del XX secolo.
Con tutte le sciagure che abbiamo ricordato, tra favole e verità, mi torna in mente una frase che sentivo dire quando ero bambina: “Se ognuno di noi prendesse la sua croce e la portasse in piazza per cambiarla, tornerebbe indietro con la sua stessa croce”…
Infatti, il passato non è stato affatto facile e nel presente, c’è sempre chi sta peggio di noi. Facciamo tesoro dunque delle nostre esperienze per migliorare questo mondo dove siamo pellegrini; riprendiamoci quindi la nostra croce impegnandoci per il futuro affinché le ricchezze della Natura non seguano il triste destino dell’estinzione e sperando che vengano veramente tempi migliori!