La crisi dei redditi sta colpendo pesantemente anche il servizio di assistenza famigliare. Basti dire che solo l’8,1% degli anziani può permettersi oggi di pagare una badante a tempo pieno (40 ore di lavoro la settimana) facendo affidamento unicamente sulla propria pensione.
È quanto emerge dal Rapporto annuale sul Lavoro Domestico 2020 dell’Osservatorio DOMINA. Con i redditi delle famiglie decurtati dalla pandemia, come rilevato anche dal 2° Rapporto Censis-Tendercapital sui Buoni Investimenti, le famiglie si trovano ancora più sole a fronteggiare l’assistenza in casa agli anziani non autosufficienti. Dicembre, poi, è il mese più critico.
È di 7,3 miliardi l’esborso delle famiglie e di 6,7 miliardi il risparmio per lo Stato
Senza l’apporto delle famiglie lo Stato dovrebbe sostenere costi più elevati per la cura e il ricovero degli anziani non autosufficienti in una struttura. Il che comporterebbe per le casse pubbliche un esborso aggiuntivo netto per la spesa assistenziale di 6,7 miliardi di euro all’anno. Al contrario, le famiglie per l’assistenza in casa, grazie al lavoro di cura delle badanti, spendono 7,3 miliardi di euro all’anno tra retribuzione, Tfr e contributi. Se poi consideriamo il lavoro in nero, bisogna aggiungere altri 8,1 miliardi di euro.
E a dicembre? Se ci si limita agli 849mila lavoratori domestici regolari, le famiglie italiane spenderanno quasi 440 milioni di euro in tredicesime. A questi si devono aggiungere le mensilità di dicembre e, laddove richiesto, un anticipo di Tfr. Se consideriamo anche la componente irregolare, le famiglie potrebbero spendere a dicembre fino a 3 miliardi di euro.
Tutto sulle spalle delle famiglie
Durante l’emergenza Covid-19 le famiglie italiane, datori di lavoro domestico, si sono trovate a dover fronteggiare
una situazione molto delicata, spesso senza sufficienti aiuti o informazioni. Questo a partire dall’uso dei dispositivi di sicurezza: «Ancora a fine aprile – è scritto nel Rapporto dell’Osservatorio Domina – dopo quasi due mesi dall’inizio dell’emergenza, non esistevano linee guida e raccomandazioni su come utilizzare i dispositivi di protezione individuale anche per quelle categorie di lavoratori che si occupano di assistere persone non autosufficienti, per età o per patologia, come nel caso delle badanti. Ad esempio, non era chiaro se i dispositivi di protezione (mascherine, guanti, gel disinfettante) dovessero essere forniti dal datore di lavoro».
Successivamente, il Decreto Rilancio ha stabilito l’obbligo di utilizzo dei dispositivi di protezione anche per i lavoratori domestici, senza però precisare come reperirli e chi doveva farsene carico.
In più, «in assenza di provvedimenti nazionali di sostegno al reddito dei lavoratori domestici, sono state le associazioni delle famiglie datori di lavoro a fornire assistenza. «Ad esempio, CAS.SA.COLF, l’Ente costituito dalle parti sociali firmatarie del CCNL di categoria, ha stanziato circa 6 milioni di euro per garantire una diaria giornaliera di 40 euro in caso di ricovero e di quarantena».
Lavoro domestico: escluso dagli ammortizzatori sociali in deroga
A più riprese le Parti Sociali hanno denunciato l’esclusione della platea dei lavoratori domestici dagli ammortizzatori sociali in deroga per causale Covid-19. A metterci una pezza ci ha pensato il Decreto Rilancio che ha riconosciuto un bonus pari a 500 euro mensili a copertura dei mesi di aprile e maggio.
L’indennità e stata destinata ai lavoratori domestici non conviventi con il datore di lavoro che, alla data del 23 febbraio 2020, avevano in essere uno o più contratti di lavoro per una durata complessiva superiore a 10 ore settimanali. «Il provvedimento ha escluso di fatto i rapporti di lavoro pari o inferiori alle 10 ore settimanali. Non solo: sono stati esclusi anche tutti i lavoratori conviventi per la maggior parte badanti che rappresentano più del 50% dell’intera platea di lavoratori regolarizzati. I beneficiari, quindi, sono stati appena un quarto (25,6%) di tutti i lavoratori domestici regolari in Italia».
Il caso del picco delle assunzioni di marzo in pieno lockdown
Ma il Decreto Rilancio di fine maggio ha portato anche un’altra opportunità: la possibilità di mettere in regola i lavoratori senza contratto. La sanatoria ha consentito a molti lavoratori, italiani e stranieri, e alle famiglie, di uscire dalla clandestinità. Niente bonus assunzioni, comunque. I costi della regolarizzazione sono stati tutti a carico delle famiglie.
Ad ogni modo, il picco delle assunzioni è avvenuto proprio in pieno lockdown, prima della sanatoria prevista dal Decreto. A marzo 2020 le assunzioni di assistenti familiari (badanti) sono state 9mila in più rispetto allo stesso mese del 2019. «La problematica del lockdown ha di fatto portato all’assunzione di nuovo personale o alla regolarizzazione di quello esistente. Fatta eccezione per il mese di febbraio, i licenziamenti effettuati nei mesi del 2020 sono sempre stati inferiori a quelli del 2019. Questa situazione ha effettivamente comportato una crescita del personale dedicato all’assistenza. Infatti, il saldo tra assunzioni e cessazioni di badanti è stato +4.386 nel periodo febbraio-giugno 2019 e +8.622 nello stesso periodo del 2020».
Serve sostegno al lavoro domestico
La richiesta delle famiglie di ricevere aiuto per assistere in casa il genitore, il nonno, lo zio anziano non autosufficiente è evidente. I dati sulle assunzioni lo dimostrano. Il problema è che manca anche per questo settore la politica dei “ristori”: «Nei decreti ristori non è previsto alcun sostegno al reddito dei lavoratori domestici. E nemmeno nella legge di bilancio in discussione in Parlamento». Lorenzo Gasparrini, segretario generale DOMINA – Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico – esprime «forte preoccupazione per la situazione di solitudine degli anziani e di difficoltà economica delle famiglie». E chiede di: «Prevedere con urgenza l’obbligo del tampone rapido in caso di rientro delle badanti straniere dalle ferie nei loro Paesi d’origine. Il Governo dia sicurezza alle famiglie e ai nostri cari».
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