Arrivano dal Perù e hanno creato una squadra di calcio femminile a Torino: è la Seleccion Peruana De Futbol Femenino, composta solo da colf e caregiver. Dietro al pallone, una grande voglia di rivalsa e di comunità
Lourdes Jacqueline ha 42 anni, viene dal Perù, lavora come badante ed è qui in Italia con le sue due bambine. Gioca in difesa. Cruz Nelly di anni ne ha 46, anche lei ricopre il ruolo di difensore. Nella vita di tutti i giorni è una colf. Poi c’è Karen, 33enne, di mestiere fa la colf badante, e Santos Jhovany, 31enne che gioca in attacco, ha due figli maschi e riesce a barcamenarsi tra casa, lavoro, scuola e gli allenamenti di calcio di entrambi. Anche Rosella Paula è un attaccante sul terreno di gioco, ha 39 anni e, come le altre, fa la caregiver. C’è poi Jeniffer Melissa, che in campo mette i guantoni perché gioca come portiere, di anni ne ha 27. E ancora Maria del Carmen, Elizabeth, Channel Dennise, Milagritos Catherine, Jannika, Thamyrys, Jeniffer Solange, Maria Chiara, Luisa.
Sono quindici donne, tutte peruviane, hanno tra i 13 e i 46 anni e vivono a Torino. Sono le giocatrici della Seleccion Peruana De Futbol Femenino De Turin , una squadra di calcio a 5 che manda un messaggio che va ben oltre lo sport.
Perché mostra quanto sia importante l’unione, il sentirsi parte di qualcosa.
L’INIZIO – Il progetto nasce quasi per gioco, senza troppe ambizioni, quindici anni fa. L’idea è di Tommy Lopez, un uomo peruviano trapiantato a Torino con la passione per il calcio che, nel 2008, riunisce alcune sue connazionali ed inizia ad allenarle nella periferia della città. Pian piano il gruppo si consolida, si forma la prima squadra di calcio a 5. Gli allenamenti diventano cadenzati, le giocatrici iniziano a crederci, ed ecco i primi campionati. C’è lo sforzo, il sacrificio, ma anche la voglia di farcela. «Quando partecipiamo ad un torneo, spesso, è difficile anche raggiungere il campo di gioco, perché magari è fuori Torino. Ma ci siamo sempre organizzate, con un furgoncino o con macchine messe a disposizione da amici e parenti. Non è tanto importante giocare per noi, quanto lo sforzo che mettiamo per arrivarci, e quello in campo si vede». A raccontarci questa storia è Jeniffer Melissa, che fa parte della squadra da dieci anni. Lei definisce le sue compagne delle guerriere, perché giocare a calcio non è facile, soprattutto con la vita che queste donne conducono.
«La maggior parte di noi è impegnata nel lavoro di cura, un lavoro duro, logorante, che spesso ti fa sentire sola – racconta Jeniffer -. Ed ecco che poi, anche se a fine giornata sei stanca, cerchi e trovi la forza per venire qui ad allenarti. Perché quando sei in campo ti scarichi, urli, corri, tiri fuori tutto quello che hai dentro. Il calcio ti dà la carica per andare avanti. E le tue compagne diventano un po’ la tua seconda famiglia».
UNA NUOVA VITA – Jeniffer è arrivata in Italia nel 2013, non aveva compiuto ancora diciotto anni. C’era sua mamma qui, era partita sei anni prima lasciando la figlia ai nonni.
Il sogno di Jeniffer, quando era a Lima, era quello di andare all’università e studiare Amministrazione ed economia. Il viaggio in Italia ha cambiato i suoi piani. «Quando sono arrivata a Torino ho trovato una situazione totalmente diversa, ho capito che dovevo rimboccarmi le maniche e costruire qualcosa da zero». Lo ha fatto, eccome se lo ha fatto. Dopo pochi mesi dal suo arrivo in Piemonte ha conosciuto il suo compagno, hanno avuto una figlia che oggi ha otto anni. E Jeniffer si è riscritta a scuola, per seguire il suo sogno di completare gli studi. E poi c’è il calcio. Nella vita di Jeniffer è sempre stato importante. «Anche a Lima, durante l’ora di educazione motoria, giocavamo sia a calcio che a pallavolo. Mi piaceva correre dietro la palla, ma non avrei mai immaginato di entrare a far parte di una squadra».
L’incontro con la nazionale Seleccion Peruana De Futbol Femenino De Turin avviene quasi subito e Jeniffer percepisce immediatamente l’importanza di appartenere a qualcosa. «Spesso si pensa che le donne sono deboli, e che il calcio è uno sport troppo duro per loro, ma noi siamo la dimostrazione che ciò non è vero».
LA COMUNITÀ – Secondo i dati Istat, aggiornati al mese di gennaio 2022, la comunità peruviana in provincia di Torino supera le 8mila unità e rappresenta il 4% della popolazione straniera residente nella provincia piemontese (oltre 200mila persone). Una percentuale alta, se si tiene conto che, in Italia, i peruviani rappresentano solo l’1,9% degli stranieri (94mila su 5 milioni). Sono numeri importanti, che ben ci aiutano ad inquadrare il fenomeno.
«Siamo una comunità numerosa e siamo molto uniti – spiega Jeniffer -, il calcio per noi rappresenta un collante, ma non facciamo solo quello». Basta curiosare nella pagina Facebook della squadra, Seleccion Peruana De Futbol Femenino De Turin, per rendersi conto di quanto siano vere le parole di Jeniffer. Si condividono le feste, i compleanni, le celebrazioni religiose, le festività nazionali. «Ed anche quando arriva qualche ragazza dal Perù, noi cerchiamo di inserirla nella nostra squadra». Magari non saprà giocare bene, magari il calcio non le è mai interessato, magari immaginava un’occupazione diversa non appena raggiunta l’Italia. Eppure l’unione fa la forza. E allontanare lo spettro della solitudine e la paura di dover affrontare, da sola, un mondo totalmente nuovo, può essere un antidoto vincente.
L’INVERNO – Il grande problema della Seleccion Peruana De Futbol Femenino De Turin in questo momento è… il freddo. «Noi ci alleniamo almeno due volte a settimana, la sera, dopo il lavoro, nel Parco Dora a Torino. Lo facciamo all’aperto, ma in questo periodo le temperature sono troppo basse e non riusciamo a stare fuori. Non possiamo rischiare di ammalarci, perché la maggior parte di noi lavora a contatto con persone anziane e fragili, rischiamo di essere un pericolo per loro». Hanno chiesto aiuto in vari modi, sperando di trovare qualcuno interessato a sostenere il desiderio di praticare una disciplina sportiva e superare le fatiche quotidiane. Hanno cercato fondi o risorse per poter pagare l’affitto di un campo coperto. Ma invano. E così si autofinanziano, riducendo l’allenamento ad un’ora a settimana. Perché di più non è sostenibile.
Non è facile essere donne e voler contare qualcosa nel mondo del pallone. Ancor più quando si è una minoranza in un Paese straniero. «L’ambasciata peruviana non ci ha mai mostrato il suo supporto – lamenta Jeniffer -, non abbiamo mai ricevuto alcun riconoscimento. Invece per la squadra maschile è diverso, loro possono contare su vari tipi di sponsorizzazioni».
BALON MUNDIAL – C’è un appuntamento clou nel cuore di Jeniffer e delle sue compagne di squadra. Si disputa all’inizio dell’estate, ma loro si allenano per tutto l’anno per farsi trovare pronte. È il Balon Mundial, la Coppa del Mondo della comunità di Torino. Un torneo che si svolge nel capoluogo piemontese dal 2007, organizzato dall’omonima associazione senza fini di lucro. Alla competizione partecipano nazionali che vengono da tutto il mondo, rappresentate da donne e uomini che vivono a Torino. Uno spazio unico nel territorio per fare incontrare i migranti e i residenti. Per far diventare lo sport un collante, di storie e culture, il modo migliore per dare un calcio alle differenze di ogni tipo. C’è il torneo maschile (di solito con trentadue squadre) e quello femminile (una decina). E l’attesa è tanta.
«È un bellissimo modo per conoscere anche altre nazionalità, nascono delle belle amicizie dentro e fuori del campo – racconta Jeniffer, che non si nasconde dietro frasi di circostanza – ma è alta anche la competizione. Noi siamo sempre tra le squadre favorite e questo è un motivo di orgoglio». Nel 2018 hanno vinto il titolo, lo scorso anno sono arrivate quarte, quest’anno puntano al podio. Le avversarie più temute? «Il Brasile, l’Iran, anche l’Italia è molto forte», dice Jeniffer sorridendo.
All’inizio di ogni partita, prima di entrare in campo, il loro allenatore Andres Rodriguez Martinez suona la carica. «Ci dice che siamo le migliori e che dobbiamo farcela sempre, sul campo come nella vita». E poi eccole, queste donne, sul rettangolo verde di gioco. «Prima del fischio di inizio ci raccogliamo tutte, ci abbracciamo e urliamo tre volte “Perù, Perù, Perù”. È un modo per sentirci più vicine a casa nostra».
© Riproduzione riservata