Si chiama shrinkflation (dall’inglese shrink, restringere, e inflation, rincaro). Le aziende riducono la quantità di prodotto nelle confezioni ma mantengono gli stessi prezzi. I senior tra i più coinvolti nel fenomeno dei rincari mascherati.
Immaginate di comprare una confezione di pasta e di pagarla lo stesso prezzo dei mesi precedenti. Purtroppo però il pacco è più piccolo e c’è meno prodotto. Questo è ciò che si può definire un aumento mascherato. Il fenomeno negli ultimi mesi sembra avere preso maggiormente piede vista la situazione internazionale. In gergo tecnico viene definito shrinkflation, espressione anglosassone che nasce dalla fusione del verbo shrink, “restringere”, e del sostantivo inflation, “rincaro”.
Gli over 65 tra i più coinvolti nella shrinkflation
Gli aumenti mascherati possono produrre un impatto diverso sulle classi di età. Gli over 65, ad esempio, sono – potenzialmente – tra i più coinvolti. Questo perché rappresentano una fetta di popolazione che dispone di un reddito mediamente maggiore, fra il 9% e il 13%, rispetto alle altre fasce di età.
I loro consumi si stimano in circa 200 miliardi annui. Oggi, inoltre, risultano essere mediamente più istruiti di altre generazioni ed hanno maggiore accesso a cure sanitarie specifiche. Seguono stili di vita e alimentazione più sani. Sono più attivi perché molti di loro lavorano ancora o tendono a impegnarsi in attività di natura sociale o culturale. Di conseguenza, generano una domanda di consumi e servizi in costante crescita. E questo riguarda molti settori: dall’alimentazione alla casa passando per la salute. Infine, presentano un consumo medio pro-capite più alto di chi ha 30 anni, oltre a una maggiore solidità finanziaria.
In Italia era stata già rilevata nel 2012
Dunque, al netto dei dati su un’economia sempre più “Silver”, il fenomeno della shrinkflation sembra coinvolgerli in misura proporzionalmente maggiore. Questa “tecnica” di marketing sembra essere emersa soprattutto dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Nel Regno Unito però l’allarme era già stato lanciato nel 2017 e in Italia era stata persino già rilevata nel 2012.
La shrinkflation interessa diverse categorie di merci, dalla pasta ai biscotti, fino ai prodotti per la cura della persona. In generale si tratta di beni di largo consumo, quelli che si acquistano abitualmente al supermercato, spesso senza fare attenzione a ciò che si sceglie, ma basandosi sulla rassicurazione creata dalla stessa confezione di sempre. In certi casi, come è stato analizzato dall’Unione Nazionale dei Consumatori, le aziende hanno anche studiato come modificare il “packaging” per renderlo più accattivante e attrarre il consumatore che non si sofferma a leggere l’etichetta.
Un fenomeno già diffuso, ma che spesso passa inosservato
Fra il 2012 e il 2017 l’Istat ha analizzato oltre 7.300 prodotti appartenenti a 11 diverse categorie merceologiche, interessate da una variazione nel confezionamento, e in larga parte modificati nella quantità e nel prezzo.
Certamente il conflitto in corso ha fatto dilagare il fenomeno per la difficoltà di reperimento delle materie prime e l’aumento dei costi di trasporto negli ultimi mesi. Ma, come sostiene l’associazione dei consumatori, oltre alla necessità di far quadrare i conti non manca la volontà di incrementare i guadagni, in alcuni casi speculando su una fase di crisi.
L’Autorità antitrust ha aperto un procedimento a seguito della presentazione di un esposto da parte dell’Unione Nazionale Consumatori per denunciare la shrinkflation. Ora sta monitorando il fenomeno allo scopo di verificare se possa avere o meno rilevanza giuridica per applicare il Codice del consumo alle pratiche commerciali scorrette. Nel frattempo, attenzione alle etichette: leggerle sempre attentamente prima di acquistare il prodotto e non farsi ingannare dalle confezioni più grandi e elaborate, perché sono una delle cause di aumento dei prezzi.
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