È da poco iniziato il nuovo anno: c’è ancora tempo per pensare a come collocarci nella prospettiva di un anno in più nella nostra vita, che potrebbe essere quello dal primo anno al secondo, oppure dall’ottantanovesimo al novantesimo e così via… È sempre un momento delicato, perché la costruzione del futuro è un passaggio difficile per chi non vuole rinunciare a dirigere la propria vita, pur tra mille incertezze.
L’augurio che più di altri vorrei rivolgere a chi ci legge è di poter vivere la speranza. Non quella grande, del lontano futuro, ma quella legata al giorno per giorno, fondata su ciò che ciascuno riesce a compiere per la propria vita e per quella dell’Altro.
In questa rubrica sul “futuro possibile” anche in età non più giovane la speranza deve essere al primo posto, perché è il fondamento della vita. Cosa si può sperare quando si arriva a non amare più la propria stessa vita, perché carichi di preoccupazioni per il futuro e oggi di sofferenze e di dolori? L’attenzione va in particolare rivolta a questi nostri concittadini, per dimostrare loro che non tutto è perdita e che l’età non riduce la vita (per taluni, particolarmente angosciati, la cancella). L’età, all’opposto, deve indurre a coltivare la speranza che deriva dal godere del presente, fatto di piccole, grandi cose che nel momento stesso del loro ingresso nella nostra vita generano speranza. Uno spazio particolare, vicino alla speranza, e suo fondamento, riveste l’amicizia. Holderlin ci ha indicato la strada dell’amicizia come il percorso vitale più realistico nell’affermazione “Noi siamo un colloquio”, frase che dovrebbe essere la stella guida per costruire speranza nel contatto con l’altro, non superficiale, ma di reale condivisione delle gioie e delle fatiche. Il grande psichiatra Eugenio Borgna ha affermato che “L’inferno è essere soli”. In questa prospettiva la speranza di oggi e di domani deriva dal sapere di poter contare sul supporto dell’amicizia offerta e accolta. Questa assume vesti diverse, da quelle dell’aiuto ricevuto da parte di chi ha a cuore la nostra salute, all’amicizia che si preoccupa di rompere la solitudine, fondata sulla condivisione del domani. Riguardo all’amicizia scorro assieme ai lettori le parole drammatiche e splendide di Simone Weil: “Poiché per me l’amicizia è un beneficio incomparabile, senza misura, una sorgente di vita, in senso non metaforico, ma letterale. Poiché non solo il mio corpo, ma la mia stessa anima, interamente avvelenata dalla sofferenza, sono inabitabili per il mio pensiero, è necessario che esso si trasferisca altrove. Non può abitare in Dio se non per brevi istanti. Spesso abita nelle cose. Ma sarebbe contro natura che un pensiero umano non abitasse mai in qualcosa di umano. Così, letteralmente, l’amicizia dona al mio pensiero tutta la parte della sua vita che non gli deriva da Dio o dalla bellezza del mondo. Può dunque ben comprendere quale dono lei mi ha accordato offrendomi la sua amicizia”. L’amicizia è condizione umana dalla quale si è aiutati quando si sta scendendo lungo la china della tristezza e del dolore, e si ha bisogno di ascolto e di vicinanza, di comprensione e di solidarietà. L’amicizia può essere un dialogo con la parola e con il silenzio; può essere un legame anche con persone lontane, che sanno di poter ritrovare in qualsiasi momento il luogo dell’ascolto, carico di speranza.
Amicizia e speranza sono sorelle. L’amicizia vale per il presente, come sostiene Simone Weil, ma soprattutto per il futuro; è il fondamento di una preoccupazione di cura verso l’altro. E l’altro, nel momento in cui riceve amicizia, garanzia per il suo domani, vive la speranza.
Un augurio per l’anno che ci attende: vivere l’amicizia nel presente e come speranza per il futuro. Qualcuno, carico di dolore, potrebbe ritenere un augurio irrealizzabile quello di farsi guidare dalle due sorelle. Sono nostri concittadini che hanno bisogno di una vicinanza più concreta e intensa, perché possano capire il valore dell’amicizia, che vince la fatica di vivere.
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