Una delle aspirazioni più diffuse tra le persone anziane è la possibilità di vivere nella propria casa, anche quando le condizioni di salute non sono più ottimali e vi è l’esigenza di essere aiutati, sia sul piano delle cure mediche sia su quello del supporto nelle faccende dalla vita quotidiana.
Il desiderio di non abbandonare il proprio nido fa parte della natura stessa di ogni cittadino, perché le radici sono, e non solo metaforicamente, elementi che aiutano a vivere. Radici che garantiscono relazioni del passato e del presente, un ambiente sociale che è l’antidoto alla solitudine, il riconoscersi nelle piccole cose che hanno accompagnato la propria storia, che la casa conserva, la gioia di vedere sempre lo stesso scenario, naturale o urbano, alla mattina al risveglio, gioia che significa continuità, vita.
Peraltro, sono ben noti gli studi che dimostrano come le relazioni sono un fattore di lunga vita; alcune indagini longitudinali hanno confermato il valore del contatto umano, della possibilità di scambio delle storie della propria vita come fattori di lunga vita. Di fatto, quindi, oggi vi sono le condizioni soggettive, collegate alla vita degli anziani, e quelle oggettive della scienza a confermare l’opportunità che la vita si svolga nella propria casa anche in età avanzata, purché le condizioni organizzative lo permettano, assieme con lo stato di salute oggettivo della persona.
È responsabilità di ogni aggregazione garantire il diritto alla propria casa
Partendo da queste considerazioni, si deduce che è responsabilità primaria delle comunità mettere in atto azioni e servizi perché il desiderio dell’anziano si realizzi. È responsabilità di ogni aggregazione garantire il diritto alla propria casa, condizione direttamente collegata al diritto di cittadinanza. Oltre al diritto delle persone anziane, queste considerazioni fanno meditare sul valore della casa per le persone di ogni età e di ogni censo, perché la costruzione di un nido è, oltre ad un importante fattore di stabilità sociale, il modo per avere cura di sé, il primo passo per proteggere la propria salute.
L’insieme di questi servizi è definito assistenza domiciliare
Partendo da queste valutazioni si può con certezza affermare che è possibile costruire un mondo dove l’anziano possa vivere nel proprio nido il più a lungo possibile. Non un mondo teorico, ma una realtà che prevede di portare all’interno del nido alcuni servizi che garantiscono atti di cura sufficienti per permettere la permanenza a casa. L’insieme di questi servizi è definito assistenza domiciliare, cioè il portare nella casa dei cittadini competenze cliniche e assistenziali che permettano di mantenere un buon equilibrio della salute, con la conseguente possibilità di non doversi trasferire in luoghi dove questi servizi vengono adeguatamente forniti, ma che sono diversi dal proprio nido. Oggi la ricerca scientifica sull’organizzazione dell’assistenza all’anziano ha ampiamente dimostrato che anche persone molto anziane e fragili possono ritardare, e in molti casi, cancellare il ricorso a strutture residenziali.
È necessario che l’assistenza domiciliare rispetti alcune regole
Perché, però, questa soluzione produca davvero la possibilità di ridurre i rischi per l’anziano, rischi oggettivi, ma che producono ansia e paure, che inducono a ricorrere alle cosiddette Rsa (o altre soluzioni residenziali) è necessario che l’assistenza domiciliare rispetti alcune regole e non sia solo, come purtroppo accade ancor oggi in alcune situazioni, un simulacro che serve a poco. Riassumo schematicamente alcune regole per permettere al cittadino di capire se i servizi che riceve sono adeguati alle sue esigenze:
– costruzione di un programma specifico di cure per ogni persona, prevedendo interventi coordinati, scadenzati nel tempo e periodicamente controllati rispetto ai risultati che si devono raggiungere per garantire la salute dell’anziano (o quantomeno garantire un equilibrio che eviti un peggioramento della sofferenza e del disagio);
– organizzazione di interventi coordinati, cioè garantendo che quelli clinici (diagnosi delle malattie, interventi farmacologici e non, guarigione o stabilizzazione della condizione di salute) siano in linea con quelli assistenziali (alimentazione, igiene, eventuali attività riabilitative, controllo della cute, ecc.), mantenendo sempre un’attenzione al tono dell’umore e all’insieme di dinamiche che portano a definire la vita di qualità;
– accompagnamento nel tempo dell’anziano, con attenzione mirata alle sue esigenze, garantendogli supporto psicologico nelle eventuali crisi, e la costante presenza per evitare che la solitudine possa rendere triste e vuota la sua vita (condizioni che spesso sono l’anticamera di una malattia).
Sembrano regole semplici e di facile attuazione; l’esperienza però ci insegna che per onorarle è necessario un grande coinvolgimento umano, una forte formazione degli operatori, investimenti economici, ma soprattutto la determinazione della comunità a porre la vita dell’anziano nella casa al centro dei propri obiettivi.
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