Chi non ha amato il personaggio nato dalla penna della scrittrice svedese Astrid Lindgren? Parliamo di Pippi Calzelunghe, poi divenuta famosa sullo schermo grazie all’omonima serie Tv apparsa, per la prima volta, nel 1969. Irresistibile quella sua smania di libertà, il contatto profondo con gli uomini e la natura e la sua colorata casa – una casa tutta per sé -, nel piccolo villaggio verde, sull’isola di Gotland. E chi ha amato Pippi Långstrump non può non ricordare la sua puntata sul Natale con gli amici Tommy e Annika intenti a celebrare la festa nell’atmosfera calda e dolciastra della loro casa affacciata sul prato. Ed è così: chissà in quanti nel Natale abbiano vissuto o ricercato proprio quell’atmosfera lì – calda e dolciastra -, tipica di una casa sotto le Feste, in campagna come anche in città.
A queste latitudini il Natale è sicuramente diverso: non meno atteso, non meno sognato; di certo, molto festeggiato, coi bambini nella loro emozionata attesa e i grandi che, negli occhi dei piccini, riscoprono il senso di una festa che, da adulti, è più che altro una data. Ma ciò che è più bello – oltre a essere il Natale la festa della famiglia (ristretta o allargata che sia) – è il fatto che questa giornata rappresenti la festa della tradizione, della consuetudine che passa di casa in casa. E ha una sua peculiarità, a ogni singola regione legata.
C’è, perciò, la Lombardia col suo panettone e la storia che sa di un tempo passato, fatto di cose semplici. Pare infatti che il garzone di un forno, nel tentativo di dare calore al freddo invernale, si inventò di arricchire del pane col burro, le uova e la frutta candita. Il dolce che ne venne fuori – e che le famiglie portano ancora oggi in tavola – fu poi così amato, in Italia e non solo, che è diventato il dolce per antonomasia della tradizione natalizia nostrana. Ma si sa, c’è chi al panettone preferisce il pandoro e, per scoprire le sue origini, occorre guardare al Veneto di fine ’800, quando il pasticcere veronese Domenico Melegatti presentò il brevetto di un dolce natalizio al Ministero di Agricoltura e Commercio dell’allora Regno d’Italia. Una ricetta ispirata all’impasto del Levà – un dolce ricoperto da granella di zucchero e mandorle – cui Melegatti tolse la copertura aggiungendo, però, uova e burro per rendere soffice il composto. La forma arrivò più avanti e porta la firma di un pittore di origine veronese, Angelo Dall’Oca Bianca, che diede al dolce la tipica forma di piramide tronca.
Ma, anche fuori dalle cucine delle nostre case, una tradizione antica c’è e ricorda in ciascuna delle nostre regioni uno spicchio della nostra storia. In Alto Adige, ad esempio, le famiglie si ritrovano nei caratteristici mercatini di Natale che richiamano la consuetudine popolare dello scambio di doni artigianali, rigorosamente fatti a mano. Ma è ancora in famiglia che si confeziona anche la Corona dell’Avvento, la cui realizzazione vede la partecipazione di tutti. Un tempo infatti – in alcune case ancora avviene -, ci si ritrovava per intrecciare rami di abete e nastri rossi di seta. Immancabili, poi, quattro candele accese – una alla volta – nelle domeniche precedenti il giorno di Natale.
E che dire della tradizione degli addobbi nel Meridione? C’è la Campania con Napoli, le sue case addobbate e il suo sacro e profano rapporto coi presepi – famosi in tutto il mondo – in bella vista nelle case e sui banchi delle botteghe nella nota strada di San Gregorio Armeno. Ma Natale in Campania è anche spaghetti con le vongole, baccalà fritto, insalata di rinforzo, pizza di scarole, brodo di cappone, agnello e struffoli a volontà. Se entrate invece in una casa piemontese, vi potrebbe capitare di trovare un personaggio che i bambini conoscono bene: è Gelindo, considerato il primo pastore a giungere alla capanna della Natività per omaggiare il Bambino Gesù. Per lui, ogni anno, si svolge la Sfilata dei Pastori con canti tipici, tutti rigorosamente in dialetto alessandrino. Nel Lazio la consuetudine vuole che l’8 dicembre le famiglie credenti si ritrovino a Roma, attorno al Santo Padre, per la deposizione di fiori in Piazza di Spagna, omaggio alla statua della Madonna che si trova in prossimità della chiesa della Santissima Trinità dei Monti. Questa giornata dà il via all’addobbo degli alberi di Natale e all’allestimento dei presepi nelle case. Il 24 dicembre è il giorno della messa di mezzanotte in Vaticano, mentre il 25 il messaggio del Papa arriva da San Pietro, dove il pontefice si affaccia dalla sua finestra. Nelle case, intanto, si respira il profumo di brodo di gallina, abbacchio con patate, coratella, biscotti tozzetti – duri, con le noci -, o le nocchiate: palline croccanti con nocciole e miele. Le nociate, invece, tipiche della Sabina, sono simili al torrone con impasto a base di miele e noci.
E sul torrone non c’è concordia. Amato da un capo all’altro della Penisola, in pochi ne conoscono l’origine esatta. Qualcuno lo fa risalire a un’invenzione araba, passata per la Spagna e quindi arrivata in Sicilia; altri, lo collegano a Cremona, al ’400, agli Sforza quando un dolce a forma di torre – il Torrazzo, appunto, da cui torrone – fu preparato per le nozze di Bianca Maria Visconti e di Francesco Sforza. Ma Natale è anche gli zampognari e chissà quanti di noi – tra i più grandi, quando erano piccini – li hanno incontrati e ammirati col naso all’insù e lo sguardo un poco imbambolato.
Natale, però, nelle case degli italiani è anche gioco. Il più diffuso? Sicuramente la tombola, anche se in Sicilia, ad esempio, la tradizione vuole il gioco della Zecchinetta: una sfida a carte che pare fosse importata dai lanzichenecchi nel XVI secolo. Risate, anche qui, tra sfidanti e vincitori col banco che paga chi si aggiudica la mano. E qual è la vostra tradizione storica del Natale in famiglia?
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