Con l’invecchiamento della popolazione e l’aumento dei casi di demenza si moltiplicano le situazioni in cui un soggetto può essere vittima di un reato per circostanze riconducibili ad uno stato di debolezza connesso all’età.
Se ne discute molto nei tribunali ma si tenta di adeguare anche le disposizioni dell’ordinamento giuridico a questo stato di fatto che ormai riempie le cronache quotidianamente.
A giugno è stato approvato alla Commissione Giustizia del Senato un disegno di legge di modifica dell’art. 643 del codice penale (Circonvenzione di persone incapaci). Come si legge nella nota del centro studi del Senato “la nuova fattispecie sembra introdurre una ulteriore categoria di persone tra le vittime del delitto: colui che, in ragione dell’età, versa in una condizione di debolezza e vulnerabilità. L’età, alla quale si riferisce la disposizione, sembra doversi ritenere quella senile, alla luce del titolo del disegno di legge e considerando anche che la minore età già rileva ai sensi del primo comma dell’articolo 643 c.p. Nel caso in cui quindi il reato di circonvenzione sia commesso ai danni di una persona in età avanzata sembrerebbe operare una sorta di “presunzione” circa l’accertamento dello stato di minorazione della sfera intellettiva e volitiva della vittima, essendo la condizione di debolezza o di vulnerabilità ricollegata espressamente all’età” .
Per gli stessi motivi per cui si incrementano i casi di truffe agli anziani aumentano i soggetti della terza e quarta età sottoposti ad amministrazione di sostegno e le decisioni sollecitate in merito alla possibilità che essi dispongano dei propri patrimoni. Sono condizioni di vulnerabilità meno gravi, che non presuppongono uno stato di infermità o deficienza psichica tali da compromettere le facoltà intellettive e volitive del soggetto.
L’istituto dell’amministrazione di sostegno è nominato per un crescente numero di persone, spesso anziane, che, pur non essendo interdette o inabilitate, sono nella impossibilità (anche parziale o temporanea) di provvedere ai propri interessi a causa di infermità o menomazione fisica o psichica.
L’ultima interessante pronuncia della Corte Costituzionale ( sentenza n.114 del 2019) riguarda il caso di una signora anziana, sottoposta ad amministrazione di sostegno, che aveva deciso di destinare una cospicua somma di denaro come donazione ad una nipote in procinto di sposarsi. Contestualmente, l’anziana aveva deciso di accantonare dal suo patrimonio analoga somma per un’altra nipote in vista di un futuro eventuale matrimonio. L’amministratore di sostegno ( sorella dell’anziana e madre delle due nipoti) aveva chiesto al giudice tutelare l’autorizzazione. Quest’ultimo, in sede di accertamento della genuinità del desiderio della anziana e della capienza patrimoniale, aveva manifestato dubbi sulla possibilità di procedere in base all’art.774 del c.c. che stabilisce che “non possono fare donazione coloro che non hanno la piena capacità di disporre dei propri beni”.
Di qui il ricorso alla Corte Costituzionale la quale ha stabilito con la citata sentenza che il divieto dell’art.774 non riguarda chi è sottoposto ad amministrazione di sostegno ma soltanto gli interdetti, gli inabilitati e i minori. Con ciò si confermano i precedenti indirizzi in materia della stessa Corte la quale in passato aveva stabilito che il provvedimento di nomina dell’amministratore di sostegno , a differenza di quelli di interdizione e inabilitazione, non determina l’incapacità della persona al punto che questa può anche contrarre matrimonio. Dunque chi è sottoposto ad amministrazione di sostegno può donare.
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