È la proposta del Network Non Autosufficienza, promosso da alcune delle principali organizzazioni attive nella tutela dei senior più fragili: impiegare le risorse Next Generation EU per riformare il sistema informativo, la governance, la rete degli interventi, i servizi domiciliari e le strutture residenziali.
Ripensare il sistema informativo, riformare la governance istituzionale, razionalizzare la rete degli interventi, ridisegnare i servizi domiciliari, riqualificare le strutture residenziali: sono le cinque linee d’azione della proposta “Costruire il futuro dell’assistenza agli anziani non autosufficienti” elaborata dal Network Non Autosufficienza in vista della revisione del Recovery Plan che, fino ad oggi, ha dimenticato le esigenze degli anziani non autosufficienti, disseminando le misure in loro favore fra una pluralità di obiettivi che rischiano di rendere incoerente e frammentario qualsiasi tentativo di intervento. “Quale progetto potrebbe essere utile per gli anziani e le loro famiglie?” è la domanda da cui sono partiti i promotori della proposta: AIMA Associazione Italiana Malattia di Alzheimer, Alzheimer Uniti Italia, Cittadinanzattiva, Confederazione Parkinson Italia, Federazione Alzheimer Italia, Forum Disuguaglianze Diversità, Forum Nazionale del Terzo Settore, La Bottega del Possibile, con il sostegno di Caritas Italiana e con l’adesione di numerose altre associazioni. Dalla risposta a questa domanda è nata un’idea di riforma che ha come obiettivo principale quello di riprendere azioni già previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per razionalizzarle, integrarle e renderle parte di un progetto unitario efficace.
Mettere a sistema le conoscenze
Prima azione da mettere in campo, per il Network Non Autosufficienza, è quella di realizzare un sistema nazionale per il monitoraggio della non autosufficienza raccogliendo i dati disponibili in materia – oggi dispersi tra numerosi sistemi informativi (Nsis, Istat, Inps) – in una piattaforma informatica nazionale. Obiettivo: fornire con immediatezza informazioni come la qualità dei servizi erogati e dei percorsi assistenziali individuali e raccogliere le esperienze locali, le tipologie di prestazioni di welfare pubblico attive, le best practice in un unico contenitore. Al sistema di monitoraggio deve poi affiancarsi un piano nazionale di formazione continua per la non autosufficienza, rivolto alle diverse tipologie di operatori coinvolti.
Ripensare la governance istituzionale
Costruire un sistema “multilivello” di governance istituzionale della non autosufficienza è la seconda azione da promuovere, per arrivare a gestire in modo unitario e coordinato le diverse linee di responsabilità, divise fra tre livelli di governo (Stato, Regioni, Comuni) e tre filiere (prestazioni monetarie, servizi sociali e servizi sociosanitari). Un modello già esiste ed è rappresentato dall’organismo nazionale previsto dal D. Lgs. n. 147/2017 che, introducendo il Reddito di Inclusione, ha promosso la realizzazione di una “Rete” unica per il coordinamento degli interventi sociali e delle misure di contrasto alla povertà.
Unificare l’accesso alla rete degli interventi
Non solo barriere architettoniche. Gli anziani non autosufficienti e i caregiver oggi si trovano di fronte a difficoltà insormontabili dovute agli ostacoli “burocratici” che nascono dalla dispersione e frammentarietà delle informazioni sulle prestazioni di welfare pubblico attivabili. Facilitare l’accesso alla rete del welfare creando un unico punto di accesso a tutte le misure disponibili è dunque un altro tassello della proposta del Network Non Autosufficienza, così come la semplificazione dell’iter di valutazione dei servizi offerti per garantire un percorso virtuoso di miglioramento costante degli standard qualitativi.
Ridisegnare i servizi domiciliari nell’ottica della personalizzazione
Secondo il Network Non Autosufficienza, è prioritario lo sviluppo dei servizi domiciliari. Oggi il più diffuso modello, l’Assistenza Domiciliare Integrata (Adi), fornisce in prevalenza determinate prestazioni medico-infermieristiche per rispondere a singole patologie, mentre occorre riformulare l’assistenza dell’anziano non autosufficiente secondo una logica del “care multidimensionale”: costruire progetti personalizzati che partano dalla condizione dell’anziano, dai suoi fattori di fragilità, dal suo contesto di vita e di relazioni con caregiver ed operatori specializzati per organizzare gli interventi. Dunque, “in concreto – si legge nella proposta -, ciò significa offrire non solo gli interventi di natura medico-infermieristica ma anche quelli – oggi marginali – di aiuto nelle attività fondamentali della vita quotidiana, che la non autosufficienza impedisce all’anziano di compiere”. Anche in questo, l’unitarietà è fondamentale e si può realizzare raggruppando gli interventi oggi forniti separatamente da Asl, Comuni e Inps all’interno di un sistema di cure domiciliari organico e coerente, avvalendosi delle opportunità offerte dalla tecnologia.
Riqualificare le strutture residenziali
Investire nella riqualificazione delle strutture residenziali, per assicurarne l’indispensabile ammodernamento, è un’esigenza nota da tempo – sottolinea il Network Non Autosufficienza – e confermata dalla pandemia. Migliorare la qualità di vita degli anziani ospiti delle strutture residenziali significa migliorare l’efficacia stessa degli interventi di welfare. Come? Assicurando spazi di vita adeguati, favorendo le relazioni con i familiari, conciliando sicurezza e libertà di movimento, adeguando le dimensioni delle residenze, accrescendo le relazioni con il territorio di riferimento.
Le ragioni della riforma
Sono diverse le motivazioni che rendono necessaria e non più rinviabile una riforma che si attende dagli anni ’90 e che, secondo i promotori della proposta, potrebbe muovere i primi passi già entro luglio 2022. Innanzitutto, quanto accaduto nell’emergenza sanitaria, che ha dimostrato i limiti della rete sociale a supporto degli anziani non autosufficienti, fra le principali vittime del Coronavirus. C’è poi da considerare che la riforma incide sul futuro di una fascia di popolazione sempre più predominante: secondo l’Istat, fra il 2002 e il 2019 la crescita più “vigorosa” fra le fasce di età è stata quella degli ultrasessantacinquenni, passati da 10,7 a 13,7 milioni, con un incremento del peso relativo dal 18,7% al 22,9%. La riforma andrebbe inoltre a ridurre le discriminazioni di genere, da un lato perché, grazie alla maggior offerta di servizi, verrebbe ridotta la pressione dei compiti di cura sulle donne nella loro veste di caregiver familiari; dall’altro, perché le donne beneficerebbero di nuove possibilità occupazionali in questo settore. Più in generale, una riforma dei servizi per la non autosufficienza creerebbe occupazione per l’intero Paese, valorizzerebbe le politiche di sviluppo del welfare locale e, dunque, i territori, sosterrebbe la disabilità e l’inclusione sociale dei più fragili. Tutti obiettivi per cui l’Europa ha stanziato le risorse Next Generation EU da organizzare attraverso il PNRR. Il Network stima che la riforma proposta avrebbe un costo di 7,5 miliardi di euro, di cui 5 dei quali destinati alla riforma della domiciliarità nel periodo 2022-2026. Ovvero meno del 4% del valore complessivo del Recovery Plan, che il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha stimato in 191,5 miliardi di euro.
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