Si moltiplicano i casi di truffe agli anziani; si potrebbe dire in modo più che proporzionale alla crescita del numero di persone in questa fascia di età.
L’ultima notizia riguarda una truffa commessa a danno di due anziani benestanti di Varese. Sono tredici le persone indagate per aver tentato di prelevare dai loro conti un totale di 17 milioni di euro (16 ad un anziano e 1 all’altro). La magistratura ha ascritto reati di tipo circonvenzionale a vari autori fra cui un dipendente di banca, un notaio e una badante. Tutti e due i soggetti passivi del reato erano privi di quelle affettività di cui avrebbero bisogno coloro che non dispongono della piena e consapevole capacità di autodeterminazione del proprio patrimonio. A renderlo noto è stata la stessa Guardia di Finanza varesina.
D’altro canto, emergono, in questi stessi giorni, tentativi delle istituzioni locali di costruire una rete di protezione per questi soggetti vulnerabili. Ultimo in ordine di tempo il Protocollo d’intesa, sottoscritto tra Prefettura e Comune di Cagliari, per difendere gli anziani dalle truffe. Una intesa siglata lo scorso 17 luglio che prevede, oltre alla costituzione di un tavolo interistituzionale per il coordinamento delle misure e degli interventi, anche la realizzazione di incontri nei luoghi di vita delle persone anziane, attività formative e informative per caregivers e persone di riferimento per gli anziani (parroci, volontari, comunità religiose, commercianti, medici).
Anche la giurisprudenza inizia a manifestare una certa sensibilità verso reati che colpiscono persone particolarmente vulnerabili. Da citare, in tal senso, l’ultima sentenza del tribunale civile di Ancona (n. 1355 del 16/07/2019) con cui si è conclusa una vicenda che vedeva coinvolti due anziani pensionati il cui conto, nel dicembre del 2017, era stato svuotato da un attacco informatico. Sta prendendo piede, presso alcuni hacker, la pratica di disconnettere la linea telefonica del correntista per agire in tranquillità, evitando che le vittime vengano avvisate dai messaggi sms di alert normalmente inviati dagli istituti. I due pensionati, dopo aver presentato una denuncia penale contro ignoti, si erano rivolti all’Adiconsum Marche per tentare una conciliazione, recuperare i soldi sottratti ed evitare di fare causa. Sia l’istituto bancario che il gestore telefonico avevano opposto il classico “muro di gomma”. Bisogna ricordare che, in base alle attuali disposizioni, quando un consumatore viene attaccato per via informatica, deve disconoscere le operazioni di prelievo e pretendere il rimborso dall’istituto. Quest’ultimo, per opporre rifiuto, deve dare la prova dell’eventuale trascuratezza, errore o addirittura della frode del correntista (è l’istituto che deve offrire la prova e non valgono generiche resistenze o insinuazioni: la prova deve essere stringente e concreta).
Nel caso specifico, i giudici, anche sulla base dei suddetti presupposti, hanno condannato banca e compagnia telefonica a risarcire i danni provocati ai due correntisti e a pagare le spese di giudizio. Con riguardo alla compagnia telefonica coinvolta (che non ha nemmeno prodotto la registrazione della telefonata) è stato valutato che ha staccato la linea su richiesta di terze persone non identificate, isolando di fatto i due correntisti e privandoli della possibilità di accorgersi di quanto stava accadendo.
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