Da un indagine del 2013 (l’ultima, in ordine di tempo) Promossa dall’Auser e condotta dai ricercatori del Gruppo Abele su un campione di mille individui sopra i 65 anni, provenienti da 15 regioni italiane, risulta che in Italia un anziano su tre ha un problema di gioco patologico. Questo fenomeno ha gravi effetti collaterali, quali il crescere di usura, debiti, marginalità sociale, rischio di comportamenti illegali, fino ad arrivare all’autolesionismo. “Ciò accade – spiega Enzo Costa, presidente nazionale dell’Auser – perché la nostra società è divisa in soggetti forti e soggetti deboli, e gli anziani rientrano senza dubbio in quest’ultima categoria. L’anziano è un soggetto terribilmente vulnerabile, ed è purtroppo il target ideale per il gioco”.
Secondo Costa, è sul terreno della crescente disgregazione delle reti sociali che il gioco d’azzardo germoglia tra le fasce anagrafiche più avanzate: “Il primo strumento per intervenire sul problema – prosegue il Presidente – è andare a colmare quel deficit di luoghi di socializzazione che isola sempre di più queste persone. Oggi si va nelle sale scommesse anche per poter ammazzare il tempo o per incontrare qualcuno”. Non a caso, più del 90% dei giocatori intervistati è composto da pensionati, un quarto dei quali vive in totale solitudine, senza moglie né figli.
“Gli anziani, e in particolar modo i pensionati – spiega Leopoldo Grosso, vicepresidente del Gruppo Abele – sono soggetti d’elezione per truffe e raggiri, proprio per il loro bisogno di contatto umano, oltre che per la disponibilità di tempo e denaro: paradossalmente, per questo mercato, anche un individuo che percepisce una pensione minima è più appetibile di un imprenditore, i cui introiti possono essere maggiori ma non altrettanto costanti nel tempo”.
Ma esistono degli strumenti per aiutare gli anziani colpiti dalle ludopatie?
“Il percorso terapeutico – conclude Grosso – è analogo a quello utilizzato per altre forme di dipendenza, solo con alcune specificità: in primo luogo, trattandosi di persone anziane, bisogna tener conto che si parla spesso di soggetti già gravati da problemi di varia natura: bisogna lavorare in primo luogo sul recupero o sul rinsaldamento della rete sociale e affettiva di riferimento, composta da soprattutto dai familiari e dalle reti amicali; ai quali si chiede un’assunzione di responsabilità rispetto a quei comportamenti che hanno portato alla dipendenza.
Bisogna inoltre tener conto del fatto che parlare di gioco d’azzardo significa spesso trovarsi di fronte a situazioni di indebitamento o di vero e proprio strozzinaggio: il grande alleato della terapia sono in questi casi le associazioni di lotta all’usura, che intervengono per la rinegoziazione e la rateizzazione del debito, denunciando, dove necessario, eventuali illeciti”.
SINTESI DI: Gli anziani e il gioco d’azzardo, Rivista del lavoro Sociale, N. 6, dicembre 2019
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