Secondo uno studio americano alla guida gli anziani con deficit cognitivi possono rappresentare un rischio per sé e per gli altri. Tuttavia, diverse ricerche lo confermano, nella maggior parte dei casi, gli anziani guidano in modo sicuro.
La questione degli anziani alla guida è tra le più controverse. Esiste un’età giusta per appendere il volante al chiodo o è tutta solo una questione di salute? Per quanto lo riguarda il neurologo Lewis Morgenstern dell’Università americana del Michigan ha deciso. Al compimento del suo 65° compleanno (tra quattro anni) firmerà un documento nel quale affiderà ai figli la decisione di stabilire quando sarà arrivato per lui il momento di rinunciare all’automobile. «Riconosco, spiega in un’intervista, che a un certo punto potrei non essere in grado di prendere la decisione migliore sulla guida. Confido che i miei figli si assumano questa responsabilità».
La ricerca americana
Morgenstern è coautore di un recente articolo sul Journal of American Geriatrics Society che rileva come il 61% degli over 65 con deficit cognitivo continui a guidare nonostante il 36% dei loro familiari e caregiver si dichiari preoccupato per le loro performance al volante. Il fatto poi che molti non si rendano conto delle loro condizioni finché la situazione non si aggrava ulteriormente, rappresenta un serio problema di salute pubblica. E questo nonostante molti dei 635 anziani intervistati affermino di limitare le ore di guida e di evitare di mettersi al volante di notte o con il cattivo tempo.
Il consiglio? Parlarne in famiglia
Circa un americano over 65 – 6,7 milioni di persone -, vive con il morbo di Alzheimer e altri milioni soffrano di demenze correlate. Queste condizioni possono influenzare le capacità neuropsicologiche e visive che riducono la capacità di guidare in sicurezza. Le discussioni sulla guida tra familiari e anziani con deficit cognitivo sono complesse, con preoccupazioni sulla perdita di autonomia da una parte e forte imbarazzo dall’altra.
Il consiglio è di parlarne, cercando un accordo con il diretto interessato che tenga conto dei suoi bisogni e delle sue capacità. Una modalità utile potrebbe essere quella scelta da Morgenstern: un accordo coi familiari più stretti (senza valore legale), noto negli Stati Uniti come Direttive Anticipate di guida. Un’alternativa è quella di spostarsi con mezzi pubblici o privati (negli Stati Uniti Uber e Lyft hanno sottoscritto accordi specifici per gli anziani).
L’impegno dell’Unione Europea per la sicurezza stradale degli over
L’attualità del tema degli anziani alla guida nasce dal quadro demografico internazionale di invecchiamento della popolazione. Da tempo se ne discute ad esempio in Giappone, uno dei Paesi con più anziani al mondo, dove – scrive Kyodo News – il numero di di guidatori over 75 coinvolti in incidenti mortali è in crescita. Situazione analoga in Europa, avverte Age Platform Europe, riportando un documento del Consiglio europeo per la sicurezza dei trasporti, in base al quale l’Unione chiede ai governi nazionali di adattare la politica di sicurezza stradale alle esigenze di una popolazione che invecchia. Per affrontare questo problema, infatti, è necessario migliorare la sicurezza dei pedoni e dei ciclisti più anziani con infrastrutture sicure e ben protette, garantendo al tempo stesso che gli automobilisti anziani non siano discriminati esclusivamente a causa della loro età.
Anziani: più disciplinati ma più fragili
Tuttavia, diverse ricerche lo confermano, nella maggior parte dei casi, gli anziani guidano in modo sicuro. Usano le cinture di sicurezza, non superano il tasso alcolico consentito e hanno meno probabilità di spingere sull’acceleratore rispetto ai giovani adulti. Sono anche coinvolti in un minor numero di incidenti stradali mortali.
I rischi, però, aumentano quando, per l’avanzare dell’età, insorgono condizioni mediche come l’artrite, il glaucoma, il morbo di Parkinson, fino ad arrivare ai primi segnali di demenza. Senza dimenticare che quando si verificano incidenti hanno maggiori probabilità di rimanere gravemente feriti o di morire perché fisicamente più fragili. Ecco perché la sfida della sicurezza stradale non deve lasciare indietro le loro generazioni.
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