La vita delle persone anziane è “vita buona” solo se esistono sistemi di supporto che permettono di conservare la salute del corpo e della mente durante il trascorrere degli anni.
Potrebbe sembrare retorico affermare che la vita delle persone anziane è “vita buona” solo se esistono sistemi di supporto che permettono di conservare la salute del corpo e della mente durante il trascorrere degli anni. In questa prospettiva vorrei riassumere schematicamente quali sono, a mio giudizio, i servizi indispensabili e quale deve essere lo stile organizzativo per le città. Un riassunto realistico, perché le indicazioni teoriche, spesso massimaliste, non portano alcun vantaggio all’organizzazione sociale. Infatti, i limiti organizzativi, economici, di personale non possono essere trascurati, perché qualsiasi buona idea cammina sulle gambe delle potenzialità concrete che una comunità può realizzare con gli strumenti a sua disposizione. Premetto anche un’altra condizione importante: per realizzare seriamente una possibile “vita buona” occorre grande impegno di studio e sperimentazione. Infatti, l’invecchiamento della popolazione è avvenuto in tempi così veloci che non hanno funzionato i sistemi spontanei di adattamento delle società, come è stato per secoli. Oggi bisogna precedere gli adattamenti naturali, perché avverrebbero troppo lentamente rispetto alle esigenze concrete delle nostre comunità; c’è bisogno di pensiero, di studio, di sperimentazioni, di verifica dei risultati. E, invece, purtroppo in questi anni sono mancati proprio questi investimenti in cultura da parte del mondo politico e da quello dei privati; anche l’attuale enfasi sull’intelligenza artificiale non sembra mirata ad affrontare queste tematiche.
Dedico le prossime righe a delineare i servizi per le persone anziane che conservano la propria autonomia e hanno una condizione di salute in equilibrio. A loro bastano atti di accompagnamento e di cura anche “leggeri”, che normalmente producono risultati di buon livello e quindi con un rapporto costo-beneficio molto favorevole.
Mi riferisco prima di tutto all’organizzazione della città che deve essere “gentile” verso le persone non più giovani. Recentemente Confcommercio ha pubblicato dati drammatici sulla desertificazione dei nostri centri urbani a causa della progressiva chiusura di realtà commerciali di ogni tipo. Il fatto ha ricadute drammatiche sulla qualità della vita delle persone non più giovani, che così perdono luoghi di incontro e di scambio, realtà amiche dove rivolgersi per qualsiasi esigenza. Inoltre, la mancanza di punti di riferimento fuori dalla casa induce a non uscire, riducendo di fatto sia l’attività motoria sia la possibilità di incontro con altre persone, fonte di stimolazione psichica. Recentemente si è avuta notizia che il Comune di Milano ha dedicato stanziamenti rilevanti per evitare il processo di desertificazione urbana, supportando in maniera mirata alcune attività commerciali. Vedremo se questi interventi, augurandoci che siano presi anche da altri comuni, potranno indurre un ritorno indietro rispetto ad un processo che sembra non avere ostacoli; potrebbero avere un ruolo molto importante per rendere “possibili” (o quanto meno migliori) gli anni di tanti nostri connazionali.
Sempre rispetto agli interventi a favore delle persone perché possano vivere nel proprio domicilio – ricordiamo l’adagio degli antichi domus propria, domus optima (casa propria, casa ottima ndr) – si collocano anche scelte a favore dell’organizzazione degli edifici. In alcune aree ormai vi sono grandi edifici abitati quasi esclusivamente da persone anziane. Sarebbero quindi necessari interventi per la costruzione di ascensori che permettano l’uscita di casa di chi abita ai piani alti. Spesso si tratta solo di garantirne la manutenzione, per evitare che gli anziani si sentano “incarcerati” per tempi lunghi, quando basterebbero un po’ di interventi mirati per permettere di affrontare l’uscita anche da parte di chi non ha più un’adeguata forza muscolare. Si deve ricordare lo scandalo di edifici di proprietà degli Istituiti Autonomi Case Popolari che sono abbandonati, con gravi conseguenze non solo per quanto riguarda gli ascensori, ma anche la manutenzione delle scale, la pulizia delle parti comuni, la prevenzione della violenza. Sembrerebbe che le pubbliche autorità non abbiano a cuore la possibilità per gli anziani di avere una “vita buona”, esprimendo al meglio le proprie potenzialità, anche al servizio della comunità. Pare che molti Comuni non abbiano capito che pochi interventi mirati possono rendere disponibili per la vita collettiva molte energie espresse dalle persone anziane, importanti per le comunità, diventando allo stesso tempo occasione di stimolazione fisica e psichica per chi non è più giovane.
Nelle rubriche dei prossimi mesi descriverò la migliore organizzazione dei servizi per le persone affette da malattie croniche, con problemi di autosufficienza. Perché per tutti deve essere possibile una “vita buona”.
Marco Trabucchi è specialista in psichiatria. Già Professione ordinario di Neuropsicofarmacologia all’Università di Roma “Tor Vergata”, è direttore scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia e direttore del Centro di ricerca sulla demenza. Ricopre anche il ruolo di presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria e della Fondazione Leonardo.
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