Anna Ciorcalo. Si dedica da sempre con passione alla scrittura e alla poesia. Le piace, inoltre, ricamare e suonare al pianoforte. Partecipa al Concorso 50&Più dal 1992; nel 2000 ha ricevuto la Menzione speciale della giuria per la poesia e nel 2020 ha vinto la Farfalla d’oro per la prosa. Vive a Napoli.
Lassù, sulla collina, la casa di Lucia aveva ancora le imposte chiuse, ma il cinguettio dei passerotti e il loro frullar d’ali riuscirono a farla svegliare. Si alzò, aprì le imposte alla finestra, subito sorrise ai suoi piccoli amici, e premurosa riempì la loro ciotola del riso tanto atteso. Quanti salti e battibecchi tra loro, per rubare un chicco a quello più lento!
Guardò verso il cielo e vide le nubi che correvano come se stessero facendo una maratona. Il vento soffiava forte e le faceva correre, il sole faceva ogni tanto capolino e illuminava il mare agitato; c’era un grato odore salmastro che portava sollievo a chi gli respirava vicino.
Lucia, ora che era rimasta sola, andava più spesso a passeggiare lungo la litoranea e sentiva dentro di sé tante sensazioni nel guardare questi giochi che la natura le regalava, mentre era immersa nei suoi pensieri. Se guardava verso l’orizzonte le sembrava di vedere il volto amato del suo caro sposo, e il mormorio del mare era come un sussurro per la sua anima, per dirle di essere serena e continuare il cammino. Lei sapeva che a lui non sarebbe piaciuto vederla triste, e allora si era creata un angolo di paradiso nel suo cuore: non si era lasciata andare alla tristezza, ma aveva reagito. Sapeva che a lui piaceva sempre quando era lieta, era qualcosa che lo confortava nel dolore. Aveva sempre nelle orecchie la sua voce, come ora.
Negli ultimi tempi l’aveva chiamata “La Regina della Croazia”. Lei rideva di questo appellativo e non gli faceva mancare un bacio, delicato, per non fargli del male.
Ora la vita aveva cambiato rotta, bisognava riempirla con altri interessi: dedicare le ore a letture che potessero creare un benessere al proprio animo, o impegnarsi in lavoretti per l’Unicef, vestire le Pigotte per regalarle ai bimbi negli ospedali, o ancora suonare la pianola (un regalo di lui), in modo che le onde sonore si librassero nel cielo portandogli ancora tanto amore. Lo immaginava in uno stato di grazia, sorridente e con lo sguardo verso di lei per non lasciarla sola.
Lucia camminava lentamente lasciando che il vento scompigliasse i suoi bei riccioli, quelli che tante volte una mano gentile aveva accarezzato, ed ora era come allora: una grande tenerezza le nasceva nel cuore, sorrise senza rendersene conto, e un bimbo che passava da lì la guardò e ricambiò il saluto, pensando che quel sorriso fosse stato rivolto a lui. Lucia lo vide e lo salutò, pensando che il sorriso del bimbo fosse stato il saluto gioioso del suo amato.
Continuò la sua passeggiata, il mare era sempre agitato e il vento la faceva da padrone; ora le onde non erano più solo increspate ma avevano una grande fascia bianca e un rombo sordo, correvano veloci verso la scogliera rompendosi, gli spruzzi erano alti e ricadevano in una pioggia di scintillanti cristalli nell’acqua azzurra.
Forse così era lo stato d’animo di Lucia: prima la falsa calma del mare, poi l’esplosione della furia del vento, infine quelle gocce di cristallo che erano le sue lacrime trattenute, e andavano a consolare le profondità del suo animo.
Pian piano il vento si fece più debole, le nubi si erano dileguate e il mare, non più ringhioso, si stendeva come un manto azzurro; il sole tornò trionfante a splendere della sua luce e a Lucia tornarono pensieri di dolcezza e di voglia di vivere; doveva fare nuove amicizie e coltivare nuovi interessi: il teatro, la poesia, la musica… si asciugò una lacrima che, scesa dagli occhi, brillò come un diamante sulla sua guancia, e ritornò alla sua casa, ai piccoli amici e pensò: la vita continua…
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