Da un fatto, da un aneddoto o da un pettegolezzo nascono i romanzi di Andrea Vitali, tra giallo e commedia. Questo autunno il quarto libro dedicato al maresciallo Maccadò. Le anticipazioni dell’autore che, in questa intervista, racconta come è iniziata la sua carriera di scrittore.
Un medico di base che diventa uno scrittore di successo e che in casi di emergenza, come quello del Covid-19, non ci pensa un attimo a rimettersi il camice e tornare nello studio medico e alle visite domiciliari. Dal 1989, anno di esordio, Andrea Vitali ha pubblicato oltre 70 romanzi. Il prossimo è in uscita il 29 ottobre 2020 con il titolo Nessuno scrive al federale (Garzanti), quarto libro della serie dedicata al maresciallo Maccadò e alle sue “indagini”. Ma chi è il maresciallo Maccadò?
Alla fine degli Anni ’20, una giovane coppia si trasferisce dalla Sicilia al Nord, destinazione Lombardia, Lago di Como, comune di Bellano. Lui è il maresciallo Ernesto Maccadò che dovrà prendere il comando della Caserma dei Carabinieri di Bellano, lei è Maristella, sua moglie. La serie dei romanzi che vedono come protagonista il maresciallo Maccadò raccontano il cammino di integrazione di questa coppia non solo nel nuovo contesto urbano, ma anche umano. Poi, certo, ci sono anche i “misteri” che il maresciallo dovrà dipanare. Non ci sono morti ammazzati, ma solo casi da risolvere, la suspense è genuina, le risate pure.
Dopo il terzo romanzo, Un uomo in mutande, dedicato al Maresciallo, questo autunno uscirà il quarto: Nessuno scrive al federale. Alcune anticipazioni?
Sarà la chiusura di questo miniciclo degli Anni ’20. Per una ragione ben precisa. Perché nell’arco di queste tre storie, quella che patisce di più ad integrarsi nel nuovo contesto è la moglie del maresciallo Maccadò, Maristella. Il maresciallo la capisce, la compatisce, però ha anche le sue belle distrazioni essendo comandante della caserma. Lei, invece, poveretta, è sempre in casa. Si fa un sacco di domande sul futuro e soprattutto patisce il fatto di non riuscire a mettere al mondo i figli che entrambi vogliono. E io ho commesso inconsapevolmente l’errore di stabilire la nascita del figlio nei romanzi precedenti. Avrei voluto farlo nascere con la fine del terzo, ma con una data già stabilita Maristella avrebbe dovuto avere una gravidanza di 15 mesi, incompatibile con l’essere umano. Questo quarto romanzo si apre con il maresciallo Maccadò che tutte le mattine esce per andare alla latteria sociale per prendere il quantitativo di latte in più che serve a soddisfare la fame del piccolo Maccadò: Maristella lo allatta ma non è sufficiente, e così dell’aggiunta se ne occupa il maresciallo, felice di poter contribuire al lavoro domestico.
Sarà davvero quello definitivo della serie?
Ma guardi, non metto limiti al destino. Le dirò che ultimamente ho scoperto due notiziole particolarmente interessanti che hanno messo in moto la mia fantasia. Per cui potrebbe esserci anche una quinta puntata. Sicuramente, il maresciallo Maccadò non finisce assolutamente qui. Mi ci sono talmente affezionato a questa famiglia… Proprio ora che Maristella è finalmente felice, ha il suo primo figlio, è tranquilla, allegra e torna ad essere la donna solare che il Maccadò aveva sposato.
Nei suoi romanzi il giallo si intreccia con la commedia, ma c’è anche un lavoro di ricerca storica…
Mi sembra assolutamente fondamentale perché accentua e alimenta il sapore del romanzo. È lo stesso ruolo che giocano le citazioni geografiche ben precise. Questo è un elemento che mi è sempre piaciuto leggendo i libri di altri: danno la sensazione di godere di più del romanzo. La precisione è d’obbligo e lo è anche la ricerca di una memoria storica minimale, locale. Questo mi viene particolarmente facile consultando i giornali dell’epoca, gli archivi del Municipio, le delibere delle giunte degli Anni ’20, ’30, ’40, ’50 e ’60 perché restituiscono il sapore dei costumi di un’epoca che è definitivamente tramontata.
Sin da ragazzo ha avuto l’esigenza di esprimersi attraverso una scrittura condivisa. Ad un certo punto ha anche pensato di fare il giornalista, ma suo padre glielo sconsigliò. Però, poi, l’ha aiutata a veicolare questa sua esigenza di scrittura per gli altri…
Mio padre era del 1919, è cresciuto in una certa maniera, in anni molto difficili. Veniva da una famiglia contadina per cui non c’era nulla da scialare. È vissuto con un certo rigore morale che trasferiva anche nell’educazione. Poi è rimasto vedovo con sei figli da crescere, faceva l’impiegato comunale. Insomma, una serie di cose che lo spingevano a pensare per tutti noi figli a un avvenire sicuro, un pezzo di carta che garantisse la nostra vita. E in questo è riuscito perfettamente. Non mi sono mai trovato pentito, soprattutto dopo aver compiuto la carriera universitaria. È stato proprio lui a raccontare la storia che ha poi dato origine al mio primo romanzo, Il procuratore. Scherzando dico che parlava solo ad ogni cambio di stagione, per dire che era un genitore che non parlava molto. Non aveva la confidenza che io, come tanti altri genitori, ho con i figli. Erano altri tempi. Ma di tanto in tanto si lasciava andare ai racconti della sua gioventù. Ricordo perfettamente quella serata di fine maggio quando, terminato di cenare – era una bella sera che invitava alla chiacchiera e alla confidenza -, mi raccontò un aneddoto avvenuto durante una licenza nel corso della Seconda Guerra Mondiale e lì partì la prima scintilla: mi dissi questa è una cosa che può diventare una storia.
Lei con Bellano ha un rapporto particolare, come mai?
Bellano mi è entrata piano piano nell’anima. Ad un certo punto, mi sono accorto della fortuna che ho avuto ad essere nato in un posto così. Tant’è che non ho mai avuto ambizioni cittadine o il desiderio di andare ad abitare in altri luoghi. Anche caratterialmente sono molto poco portato al viaggio e al turismo, sono più un animale domestico, preferisco di gran lunga passare una giornata a leggere, piuttosto che andare a visitare musei o monumenti. Mi rendo conto che sto dicendo una bestialità, ma non posso mentire su quelle che sono le mie propensioni più vere che tutti conoscono. Quindi mi sono perfettamente adattato a questo microcosmo dove ho tutto quello di cui ho bisogno. Quando, poi, è diventato non solo il luogo della vita quotidiana, ma anche di quella immaginaria, si è combinato un matrimonio perfetto.
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