Basta consumare 300 grammi di pizza rossa o bianca ed ecco che abbiamo già raggiunto il limite massimo di 2 grammi di sodio giornaliero raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).
Il sale impiegato in cucina è la principale fonte di sodio nella nostra alimentazione. Ma se ne consumiamo troppo gli effetti si faranno sentire sulla nostra salute. Specie rispetto alle malattie cardio e cerebrovascolari.
Per tenere sotto controllo l’apporto di sodio nella nostra alimentazione, quindi, il consumo raccomandato dall’Oms è meno di 5 grammi di sale al giorno, tra quello già presente negli alimenti e quello aggiunto. Per semplificare, quanto un cucchiaino da tè a testa.
Purtroppo, però, noi italiani ne assumiamo molto di più, nonostante il consumo medio in 10 anni sia sceso del 12%. È quanto è emerso dal monitoraggio promosso e finanziato dal Ministero della Salute – Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM), e condotto dal Dipartimento Malattie Cardiovascolari, Endocrino-metaboliche e Invecchiamento dell’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.
Ecco cosa dice l’indagine: l’abbiamo ridotto solo del 12% in 10 anni
È vero, quindi: gli italiani hanno ridotto il consumo medio di sale nel giro di un decennio. Ma ancora non basta, visto che siamo lontani dai meno 5 grammi al giorno raccomandati dall’Oms.
«Lo studio – spiega Chiara Donfrancesco, ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità, responsabile dell’indagine – ha confrontato i dati dell’escrezione urinaria di sodio in campioni estratti casualmente dalla popolazione generale adulta nel 2008-2012 e nel 2018-2019 nell’ambito del Progetto CUORE. I campioni di popolazione coinvolti riguardano, per ciascun periodo, circa 2.000 uomini e donne di età compresa tra i 35 e i 74 anni residenti in 10 Regioni italiane, distribuite tra il Nord, il Centro e il Sud Italia: Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Abruzzo, Basilicata, Calabria e Sicilia. Abbiamo così potuto osservare che l’assunzione media giornaliera di sale nella popolazione è stata di 10,8 g negli uomini e 8,3 g nelle donne nel 2008-2012 e rispettivamente di 9,5 g e 7,2 g nel 2018-2019, con una riduzione significativa dell’assunzione di sale quindi di circa il 12% in 10 anni».
Ridurre il sale, si può fare
La riduzione del consumo di sale nel quotidiano è una scelta semplice ed è fondamentale per tenere sotto controllo cuore e pressione arteriosa. «La diminuzione dell’assunzione di sale – afferma il dottor Pasquale Strazzullo, già Ordinario di Medicina Interna presso l’Ateneo Federico II e co-autore dello studio – è stata dimostrata efficace nel ridurre la pressione arteriosa e il rischio di malattie cardiovascolari associate ed è identificata come una delle misure più convenienti, in termini di costi/benefici, per la tutela della salute a livello di popolazione. Per questo motivo, una riduzione relativa del 30% dell’assunzione media di sale entro il 2025 è tra i nove obiettivi strategici che l’Oms ha incluso nel Piano d’azione globale 2013-2020 per le malattie non trasmissibili».
Come ridurre il consumo di sale in 5 mosse
Basta poco per consumare meno sale. Un semplice gesto fondamentale per abbassare la pressione arteriosa e diminuire l’insorgenza di infarto e ictus. I vantaggi non finiscono qui, perché con meno sale migliorano le funzionalità del cuore, dei vasi sanguigni e dei reni. Inoltre, aumenta anche la resistenza delle ossa.
Ecco quindi, come ridurre il quantitativo di sale al dì:
- scegli alimenti freschi e non in scatola o precotti. Limita il consumo di salumi;
- preferisci pane sciapo e consuma solo occasionalmente snack e patatine in sacchetto preferendo quelli meno salati;
- leggi le etichette con attenzione e scegli alimenti in cui il sale non superi i 0,3 grammi (0,12 di sodio) in 100 grammi di prodotto;
- usa sempre meno sale quando cucini ed elimina la saliera da tavola;
- insaporisci il cibo con le spezie e limita l’uso di condimenti contenenti sale.
Come siamo messi invece con il potassio?
Nel corso delle indagini, condotte nell’ambito del Progetto CUORE, sono stati valutati anche i livelli urinari di potassio, come indicatore del consumo di frutta, verdura e legumi, alimenti fra tutti più ricchi in potassio. In questo caso, contrariamente a quello del sale, l’apporto deve aumentare.
Più potassio significa un minor rischio di diverse malattie non trasmissibili, tra cui patologie cardiovascolari, calcolosi renale e osteoporosi. I risultati hanno messo in luce che siamo lontani dagli almeno 3.510 mg raccomandati dall’Oms. Infatti, nel 2008-2012, la stima della media giornaliera di assunzione di potassio era pari a 3.147 mg negli uomini e a 2.784 mg nelle donne. Purtroppo, l’assunzione invece che aumentare si è ridotta: nel biennio 2018-2019 è stata di 3.043 mg per gli uomini e di 2.561 mg per le donne.
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