Dal 2022 l’UE vieta l’eccesso di antibiotici negli allevamenti. Tuttavia, l’Italia non è ancora tra i Paesi che ne hanno diminuito l’acquisto.
Gli antibiotici giocano un ruolo essenziale nel trattamento di numerose malattie infettive, contribuendo a migliorare la salute di persone e animali. Un miglioramento che oggi rischia di essere vanificato dalla crescente diffusione di patogeni ad essi resistenti. Il fenomeno è accelerato da un uso eccessivo e improprio, sia in medicina umana che veterinaria. Un esempio è quello riguardante gli allevamenti, tanto che L’UE da tempo ne raccomanda un impiego ridotto e prudente.
Cosa dice l’Ema
Tuttavia dall’ultimo rapporto dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) risulta che l’Italia non è tra i Paesi che ne hanno diminuito l’acquisto. Dai dati figura infatti che dal 2022 al 2021 le vendite degli antibiotici negli allevamenti europei sono diminuite in 28 dei 31 Paesi considerati dal progetto Sorveglianza europea del consumo di antimicrobici veterinari. In particolare il calo è stato drastico in Belgio, Francia, Ungheria, Lituania, Malta e Portogallo. Le vendite di antibiotici agricoli in Europa rimangono invece troppo alte a Cipro, in Italia, Spagna e Bulgaria.
Dagli allevamenti all’uomo
Nell’industria zootecnica gli antibiotici non sono usati solo per curare gli animali malati. Gli spazi estremamente ristretti in cui vengono concentrati gli animali negli allevamenti possono favorire lo sviluppo e la rapida diffusione di eventuali epidemie. Per contrastarle e prevenirle, la maggior parte degli allevatori fa uso di antibiotici.
La questione non riguarda solo il benessere degli animali (di per sé importante), ma anche la salute umana. Più antibiotici vengono somministrati, maggiore è il rischio che le resistenze ai farmaci che si creano in allevamento si diffondano nella comunità. L’antibiotico-resistenza viene infatti messa in moto anche da alterazioni indotte dall’alimentazione degli animali che mangiamo. In questo modo, infatti, si ingeriscono veri e propri pezzi di genoma modificati e in pratica il fenomeno dell’antibiotico resistenza si trasferisce dall’animale all’uomo.
Di troppi antibiotici si muore
Già nel 2017 uno studio francese aveva evidenziato come la resistenza alle penicilline sia nata dall’abuso negli allevamenti negli Anni ’50. L’Oms, da parte sua, ha denunciato il problema più volte. L’ultima in un report focalizzato sulle azioni intraprese per combattere l’antibiotico resistenza. Di troppi antibiotici, infatti, si muore. La resistenza a questi medicinali produce circa 35mila morti l’anno nel territorio dell’Ue, e il fenomeno è in crescita. Il problema della resistenza agli antibiotici si traduce in 1,5 miliardi di euro di costi sanitari e in perdita di produttività.
Italia ed Europa, poca informazione
Per Stella Kyriakides, attuale commissaria per la Salute, “la resistenza antimicrobica è la prossima grande crisi sanitaria”, che rende necessario “un uso più prudente degli antibiotici sia nell’uomo che negli animali”. Nella realtà i cittadini europei sono ancora in buona parte disinformati sul tema. Il sondaggio Eurobarometro del 2022 rileva che solo uno su due sa che gli antibiotici non uccidono i virus.
L’Italia non fa eccezione. Il 46 % della popolazione dimostra di sapere che il prodotto medico non serve contro infezioni virali, mentre solo il 20% pensa che la lotta alla resistenza agli antibiotici dovrebbe essere adottata a livello dell’UE. E la percentuale di intervistati che ritiene che gli animali da allevamento debbano essere trattati con antibiotici, se questo è il massimo il trattamento adeguato, è dell’83%.
Il ministero della Salute sugli allevamenti
Un passo avanti in Italia è stato fatto con le linee guida per un “Uso prudente dell’antibiotico nell’allevamento bovino da latte”. Il Ministero della salute raccomanda agli allevatori di utilizzare le vaccinazioni come principale strumento per il controllo delle infezioni, una buona alimentazione degli animali e l’igiene negli allevamenti. Ma niente cocktail di farmaci, in particolare antibiotici.
Il Governo ha fatto dei passi avanti per ridurre l’uso improprio di antibiotici, suggerendo vie alternative per il benessere animale. In primis, limitare i fattori di stress, noto fattore di cattiva salute. Poi migliorare le condizioni igieniche e diminuire il sovraffollamento, controllare la qualità dell’acqua e del cibo, areare gli ambienti e formare il personale.
L’approccio One Health
Il piano “One Health” 2022-26 lanciato dalle quattro grandi organizzazioni globali per la tutela della salute dell’uomo, degli animali, delle piante e dell’ambiente (OMS, FAO, UNEP, OIE) cerca una risposta unitaria alle sfide future per le politiche sanitarie. Pandemia e crisi climatica hanno evidenziato ciò che gli studi epidemiologici evidenziano da tempo: la stretta connessione tra salute dell’uomo, qualità dell’ambiente e della vita animale e vegetale. Un consumo di carne e derivati più consapevole contribuisce a contrastare un sistema di allevamento basato sullo sfruttamento intensivo degli animali. Una situazione, come sottolinea Matteo Cupi, vicepresidente di Animal Equality, che rischia di danneggiare la salute delle persone.
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