Il Covid ha messo a nudo gli effetti devastanti delle disuguaglianze strutturali e dei pregiudizi profondi verso gli anziani. Alla luce di ciò, l’Organizzazione Mondiale della Sanità – in collaborazione con tre dipartimenti delle Nazioni Unite – ha elaborato il Global Report on Ageism.
Reso pubblico lo scorso 18 marzo, il Global Report of Ageism è una relazione di oltre 200 pagine. È stato realizzato con il contributo dell’Ufficio per i Diritti Umani, il Dipartimento per gli Affari Sociali ed Economici e il Fondo per la Popolazione delle Nazioni Unite e offre, per la prima volta, una solida base di conoscenze, informazioni e dati sul dibattuto tema dell’ageismo.
Esiste un ageismo verso i senior, ma anche verso i giovani
Il Rapporto scritto a più mani da Oms e Onu attraversa ogni aspetto di questo pregiudizio basato sull’età. Soprattutto dimostra come finisca per sfociare in atteggiamenti stereotipati che spesso si traducono in veri e propri atti discriminatori.
Ma a che età si diventa vittime di ageismo? Dipende da molti fattori. Perché può accadere anche a fasce di età insospettabili. Ad esempio, durante la pandemia, come ha notato il report, gli anziani sono stati visti come fragili e vulnerabili, mentre i più giovani come invincibili, avventati e irresponsabili.
Di fatto, il pregiudizio ha finito con il colpire entrambe le fasce di popolazione. Mentre l’invecchiamento è associato ad una salute psico-fisica peggiore, ad una maggiore solitudine, a una grave insicurezza finanziaria, a una diminuzione della qualità della vita e alla morte prematura, l’ageismo verso i giovani si segnala, invece, in una serie di settori tra cui l’occupazione, la salute e l’alloggio. Ma non solo. È sempre lo stesso report a sottolineare come la società giudichi con più gravità un reato commesso da un giovane, piuttosto che da un anziano.
Le strategie di intervento: anzitutto le leggi
La prima strategia da mettere in campo contro l’ageismo, secondo il il Global Report of Ageism, riguarda la legislazione. È naturale che la normativa obblighi le persone a modificare il proprio comportamento, adeguandolo ai principi vigenti. Sia per la sanzione giuridica che per quella morale.
Nell’Unione europea, ad esempio, una pietra miliare in tal senso è rappresentata dalla direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000. Recepita in Italia con il D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 216, istituisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro indipendentemente da svariati fattori, tra cui l’età.
La seconda direttrice: le attività educazionali
Ma anche gli interventi educativi sono essenziali per rafforzare l’empatia. Il report non si riferisce solo a corsi o lezioni sul tema dell’invecchiamento, ma nota l’utilità di favorire il contatto generazionale ricorrendo a giochi di ruolo o a realtà virtuali.
Un esempio è rappresentato da una ricerca nel Regno Unito. Ad alcuni studenti è stato chiesto di utilizzare un’App per creare un’immagine visiva di se stessi nelle terza età. Successivamente, per simulare l’isolamento vissuto da molti anziani, si sono calati nella realtà virtuale, sperimentando una cena nella quale erano esclusi dalle conversazioni. Infine, si sono dovuti impegnare in attività quotidiane mettendosi nei panni di un anziano fragile (ad esempio, preparare una bevanda calda, rispondere alla porta). Tutti ne sono usciti con più consapevolezza e una maggior comprensione verso l’invecchiamento.
La terza via: i rapporti intergenerazionali
L’interazione tra persone di generazioni diverse può rivelarsi fondamentale per affrontare il problema dell’età. In tal senso il documento riporta il programma Aconchego, avviato in Portogallo nel 2004. In questo programma, che per gli abbinamenti tiene conto di esperienze e interessi personali, gli anziani forniscono alloggio agli studenti universitari ottenendo in cambio un sollievo alla solitudine. Un modello che si è diffuso con successo in circa 16 Paesi, tra cui Australia, Belgio, Canada e Repubblica di Corea.
La crisi come punto di svolta
Il Covid ha evidenziato un’enorme frattura nel tessuto sociale globale. Ora, suggerisce il documento, abbiamo l’opportunità di correggere gli errori fatti. All’appello ad agire sono chiamati tutti, Istituzioni e singoli cittadini. Uniti in un’unica grande coalizione, così da migliorare la comunicazione e la collaborazione tra le parti interessate.
Come afferma Natalia Kanem del Fondo Onu per la Popolazione: «Se riusciremo a trasformare questa crisi in un punto di svolta, le persone anziane potranno godere di un mondo più giusto ed equo». Solo così ci sarà un mondo di salute, benessere e dignità per tutti.
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