«Sono solo uno scugnizzo nato 80 anni fa in un vicolo di una Napoli distrutta dai bombardamenti, umiliata dalla miseria, mortificata dalla fame e lacerata da migliaia di vittime. Mancava tutto. Abbondava solo la paura, che diventava terrore quando gli aerei bombardavano. Chi era fortunato poteva farsi del pane in casa con un po’ di farina mischiata alla segatura. Erano alimenti preziosi le bucce di piselli, fave e patate per cucinare una zuppa ed era una caccia al tesoro procurarsi un poco di carbone. Condizioni di vita difficilissime, miseria, fame, mancanza di medicinali e di ogni bene di prima necessità. Insomma, non cadevano bombe ma la tragedia continuava. Un’infanzia difficile la mia e quella di tanti bambini come me. Ho mal frequentato la scuola, ho studiato poco ma ho sempre cercato di migliorarmi, soprattutto leggendo. Per i primi anni della mia vita ho parlato soltanto il dialetto napoletano e ho scritto un sacco di poesie. Le dico questo perché è stata la poesia che mi ha fatto incontrare l’amore, quello vero».
Questo è l’inizio di una lunga lettera che volentieri ospito su questa pagina. La pubblicherei tutta, se non fosse troppo lunga. È una storia semplice che celebra un amore nato nel 1981 tra un quarantenne di Napoli e una trentasettenne di Catania, feriti nelle loro giovinezze da amori sbagliati. Lei ha 3 figli, lui 2. Per nove anni lui fa “il pendolare dell’amore”. Poi prende a Catania “un nido”, vicino alla “casa grande” dove lei amministra la sua famiglia e lavora in una boutique con le figlie. Più passano gli anni più si sentono liberi dalla tristezza, dai legami, dai cascami della vita precedente. Il nido diventa il cuore pulsante delle loro esistenze ed è lì che li inchioda il lockdown: hanno, a questo punto, 77 e 80 anni. Età a rischio. Ne approfittano per chiudersi nella casa piccola e non uscirne più per quattro mesi. Contenti come bambini, come adolescenti alla prima cotta, come amanti clandestini.
Lui, lo scugnizzo nato 80 anni fa, ci spiega come funziona l’innamoramento e come poi diventa amore: dice che ha trovato una donna generosa, che lo ascolta e lo valorizza, che perdona le sue debolezze e lo fa sentire ogni giorno migliore. Ha trovato una donna che affronta le difficoltà con un atteggiamento sempre positivo, che lo considera un poeta e lo incoraggia a pensarsi così perché, se ti pensi poeta, finisci di guardare il mondo con uno sguardo più attento. E la tua compagna con la stessa ammirazione del primo giorno. Si chiama Raffaele, lui, lei si chiama Francesca.
Di Francesca Raffaele scrive: «L’amo perché mi ha insegnato a discernere il canto dell’usignolo dal gracchiare dei corvi».
Così l’innamoramento continua, nonostante il trascorrere implacabile del tempo. Finché dai valore ai tuoi sentimenti, finché non dai niente per scontato, finché continui a provare stupore e piacere nello sdraiarti, la sera, sera dopo sera, accanto alla tua compagna, a svegliarti vicino a lei la mattina, finché ti accorgi di lei, di come cambia e di come resta uguale, l’innamoramento è amore.
Non vorrei sembrarvi una che ossessivamente canta le lodi della vecchiaia, ma mi pare, il “Terzo Tempo”, il più adatto a esercitarsi nell’arte dell’amore. I figli sono grandi, i genitori sono morti, il lavoro può attendere, il tempo è vostro. Nessuno si aspetta da voi altro che la vostra serenità, perché nella serenità dei vecchi tutti si specchiano al nobile scopo d’avere meno paura di invecchiare.
C’è una complicità, nelle coppie di anziani, un tacito accordo, una promessa di reciproco soccorso che, se trova le parole dell’amore, può rendervi davvero molto felici. Come Francesca e Raffaele.
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