Il primo farmaco in grado di rallentare la progressione dell’Alzheimer – approvato negli Stati Uniti ma non in Europa – è finito sotto indagine da parte del Congresso americano.
Le modalità di approvazione da parte della Food and drug administration nel 2021 sono state definite affrettate, dato che il via libera alla commercializzazione del farmaco fu deciso senza tenere conto del parere degli esperti chiamati a esprimersi.
Il Congresso ha definito come atipica la collaborazione fra Fda e Biogen, l’azienda produttrice, oltre a rilevare per Aducanumab, così si chiama il farmaco, un prezzo di lancio altissimo, che non avrebbe tenuto conto delle necessità dei pazienti e dei sistemi sanitari.
Un’approvazione accelerata
L’indagine è durata un anno e mezzo. Essa ha riguardato le modalità di approvazione del farmaco, il marketing e i processi che hanno portato alla scelta del prezzo di vendita. L’aver garantito un’approvazione accelerata aveva infatti stabilito un percorso più breve al farmaco. Questo non richiede prove di efficacia dirette ma che può basarsi anche sui cosiddetti endpoint surrogati. Nello specifico la riduzione di placche amiloidi, senza verificare l’effettiva diminuzione dei sintomi cognitivi che dovrebbe derivarne.
La scelta della Food and drug administration aveva sollevato forti polemiche, tanto da indurre tre membri del comitato di esperti alle dimissioni dall’agenzia.
Anche le indicazioni terapeutiche furono ampliate al momento dell’approvazione, fino a comprendere qualunque persona affetta da Alzheimer, indipendentemente dallo stadio di sviluppo della malattia. Decisione, questa, presa anche contro il parere degli studiosi della stessa casa farmaceutica produttrice, che ritenevano più sicuro riservare il medicinale alla tipologia di pazienti in fase iniziale, già testati nel corso di una sperimentazione.
Il prezzo
Al momento del lancio, Biogen aveva fissato un prezzo di 55 mila dollari all’anno per ciascun paziente: un costo esorbitante per l’assicurazione sanitaria federale americana, considerati i numeri dei pazienti affetti da Alzheimer, oltre sei milioni, che avrebbero dovuto assumere Aducanumab per anni.
Dai risultati emersi dall’indagine del Congresso, si sarebbe trattato di massimizzare i potenziali guadagni, facendo di questo farmaco il più remunerativo della storia. Un costo dunque eccessivo e soprattutto ingiustificato, sproporzionato all’effettivo valore e agli investimenti effettuati per svilupparlo.
Un nuovo farmaco all’orizzonte?
Alla fine le vendite non sono mai decollate, nonostante il prezzo dimezzato a pochi mesi dal lancio. In Europa l’approvazione non è mai arrivata. Anche la stessa azienda produttrice ha smesso di supportare la vendita del suo prodotto. E nel frattempo ha cominciato a lavorare a un altro medicinale che promette di rivoluzionare la cura dell’Alzheimer, il Leucanemab, un nuovo anticorpo monoclonale che attacca le placche di proteina betamiloide nel cervello. I risultati delle prime sperimentazioni, presentati nei mesi scorsi, sembrano indicare una riduzione nella progressione dei sintomi cognitivi dei pazienti.
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