Alzheimer e Servizio Sanitario Nazionale. Secondo la Corte di Cassazione la retta del paziente gravemente affetto da Alzheimer e ricoverato in una Rsa deve essere coperta interamente dal SSN.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n°13714 depositata lo scorso 18 maggio, ha definito inseparabili le attività di natura sanitaria, di competenza del SSN, e quelle di natura alberghiero-assistenziale, soggetta a integrazione da parte del privato, data la stretta correlazione fra le due, entrambe dirette alla tutela della salute.
Alzheimer e Servizio Sanitario Nazionale: il caso
Il figlio di una donna invalida al 100%, affetta da Alzheimer e ricoverata in una casa di riposo, aveva fatto ricorso alla Cassazione. La famiglia, infatti, si era impegnata a pagare una rilevante quota della retta per sei anni quando aveva deciso di revocare il consenso sostenendo che l’onere sarebbe dovuto spettare al Servizio Sanitario Nazionale. Prima il Tribunale di Padova e poi la Corte d’Appello di Venezia gli avevano dato torto e da qui la decisione di ricorrere in Cassazione.
La sentenza
Per la Terza sezione civile, ai fini della ripartizione della retta, c’è un elemento determinante. Si tratta del “trattamento terapeutico personalizzato che non può essere somministrato se non congiuntamente alle prestazione assistenziale”. In questo caso l’intervento sanitario-socio assistenziale rimane interamente assorbito nelle prestazioni erogate dal SSN e per accertare questo discrimine bisogna fare riferimento alle condizioni del malato, non alle caratteristiche della struttura in cui si trova.
Quindi non è rilevante se per il singolo paziente sia stato concordato un piano terapeutico personalizzato. Conta, invece, che quel piano fosse necessario in relazione alla sua patologia al momento del ricovero e in relazione alla sua futura evoluzione. Nei casi avanzati di Alzheimer il trattamento sanitario è inscindibilmente correlato all’aspetto assistenziale perché volto a rallentare l’evoluzione della malattia e a contenere la sua degenerazione. Dunque solo quando si può escludere questa inscindibilità, parte della retta resta a carico del paziente e dei suoi familiari.
L’integrazione sanitaria
La Corte non ha messo in discussione l’elevata integrazione sanitaria nel caso specifico perché la donna era affetta da diverse patologie invalidanti, per effetto delle quali necessitava di cure sanitarie continue senza le quali la sopravvivenza non sarebbe stata garantita. Ora spetterà nuovamente alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, procedere a giudizio alla luce dei principi di diritto ribaditi.
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