L’Alzheimer ai tempi del Covid-19: oggi più che mai chi assiste un malato si trova ad affrontare gravi problemi pratici.
Un paziente affetto da demenza difficilmente ha piena consapevolezza di quanto sta accadendo; risulta complicato chiedere di seguire le regole, spiegare l’importanza di lavarsi spesso le mani ed evitare i contatti fisici.
Per un anziano sofferente di Alzheimer la rinuncia alla routine motoria è una sofferenza ancor maggiore e la cura e l’assistenza necessitano di una attenzione e di una sensibilità particolare.
Una storia, tra le tante di impegno e dedizione nella lotta contro gli effetti del Covid-19, soprattutto sulla popolazione anziana, viene dall’Inghilterra e precisamente dalla residenza di Bridgedale House, un centro per anziani affetti da demenza, nelle vicinanze di Sheffield.
Qui nove membri dello staff di cura hanno fatto le valigie e salutato i loro cari per trasferirsi a tempo pieno, per due settimane, con i loro 23 pazienti, tutti di età superiore a 65 anni. Una decisione presa nella speranza di ridurre in questo modo il rischio di trasmissione del virus ad anziani così vulnerabili.
La “squadra di sopravvivenza” comprende sette operatori sanitari, uno chef e un lavoratore domestico. Sarah-Jane Clark, una giovane operatrice, è stata tra i primi ad offrirsi volontaria.
«Siamo tutti abituati ai lunghi turni – ha raccontato in una intervista ai quotidiani inglesi -. Il nostro lavoro è difficile, ma ogni giorno sappiamo che poi torneremo a casa dai nostro cari. Ora non sarà più così per qualche tempo. Penso che questa sia la parte più dura».
La casa di cura è diventata un bunker: nessuno, personale o visitatore, entra od esce, anche se i familiari possono lasciare lettere e regali al di fuori della porta principale.
Gli unici contatti sono quelli virtuali offerti dall’uso delle videochiamate.
Insieme al resto della squadra, Sarah-Jane ha davanti a sé turni di 12 ore, sette giorni alla settimana, per fornire assistenza 24 ore su 24. Il gruppo resta a dormire nelle camere libere e nell’aula di formazione.
«Stiamo cercando di non parlare troppo con i residenti della drammatica situazione che ci circonda perché è sconvolgente e non vogliamo preoccuparli», ha detto la giovane operatrice.
Anche se il momento è difficile, Sarah-Jane è fiduciosa: «Penso che sia importante che restiamo positivi. Siamo una buona squadra. Lavoriamo bene insieme, la nostra residenza è come una famiglia». E aggiunge: «Certo, ci mancano le nostre famiglie lontane. Ma ciò che facciamo per i nostri residenti è molto importante. Sono loro la nostra priorità».
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