«Vorrei raccontare cosa c’è dietro una bottiglia di latte, far capire quanto siano importanti i lavori più duri e umili così abbandonati ultimamente». A dirlo è Maria Rinaldi, mungitrice da oltre trent’anni. È titolare di un’impresa agricola di famiglia fondata negli anni Ottanta col marito
Il mattino ha l’oro in bocca. Deve saperne qualcosa Maria Rinaldi, 53 anni, che munge il latte da oltre trent’anni – tutti i giorni – a San Salvatore, in provincia di Foggia. È una lavoratrice instancabile – mamma di tre ragazzi di 35, 32 e 25 anni – che ha sposato la campagna per amore. «Fin da giovanissima – ci dice – la passione di mio marito per il bestiame mi ha contagiata anche se, col diploma magistrale, a casa speravano davvero che facessi altro». Ciononostante, Maria non ha sentito ragioni e così, novella sposa, negli anni Ottanta, ha messo su un’impresa agricola imparando il mestiere della mungitura da allevatori anziani. Oggi ha un’azienda nel Gargano che può contare su un centinaio di mucche che munge personalmente due volte al giorno. Al mattino, svegliandosi alle 5.00, in modo che il latte, per le 7.30, sia pronto per il caseificio e poi, nel tardo pomeriggio. «Una parte di questi animali vive nelle nostre stalle, mentre gli altri – le mucche di razza podolica, tipiche del Gargano – pascolano liberamente nei prati». [/vc_column_text]
Delle cento, lei ne munge una sessantina con un impegno di quasi tre ore ogni volta. Bestie che “conosce per nome” e che lava una a una prima che il latte prodotto venga riversato nel lattedotto che lo porta direttamente in vasca di refrigerazione. Levatacce, dunque, ma anche soddisfazioni: «Vuoi mettere vedere l’alba, le prime luci nelle case che si accendono al mattino. E poi, quando nevica? Uno spettacolo che mi godo calpestando per prima paesaggi immacolati, dove non c’è neppure un’orma».
Ma se oggi, pur a costo di sacrifici, Maria si gode alcune soddisfazioni – «Siamo riusciti a far studiare i figli e li ho potuti seguire dato che casa è adiacente all’azienda» -, gli inizi non sono stati affatto semplici: «Rinunciammo al viaggio di nozze pur di comprare i primi capi. Coi soldi ricevuti, acquistammo le prime cinque mucche. Poi, una volta consociati con altri produttori, abbiamo preso a gestire insieme un caseificio in cui tutt’oggi produciamo mozzarelle, ricotta e caciocavallo podolico». Una vera gioia per una donna che non conosce feste né domeniche e che, col sole e col gelo, è sempre al lavoro. «Non esistono giorni liberi: le mucche vanno munte ogni giorno sennò rischiano la mastite. Certo, avrei voluto viaggiare, fare una vacanza, ma la nostra è un’attività di famiglia e non abbiamo mai delegato». Forse è anche questo il segreto della tenuta di questa impresa che ha resistito alle difficoltà, nonostante la crisi: «Ho un’attività redditizia che ci ha permesso di comprare una casa anche a Manfredonia, dove ci stabiliremo una volta in pensione». Un futuro non troppo distante soprattutto per chi, come lei, ha iniziato a darsi da fare da giovane a dispetto di tutti quelli che, anche in paese, le dicevano: «Lascia stare, è un lavoro sporco, non adatto a una donna». E invece Maria sente di essere «la testimonianza che si può fare, mantenendo intatta la propria femminilità». La stessa che non perde neanche quando lascia le stalle per raggiungere il pascolo: incarico che in genere è del marito, ma che capita spesso svolga proprio lei stessa. «Con gli animali si crea un rapporto diretto – racconta -, una sorta di fiducia tra loro e l’uomo», al punto da capire, solo osservando, se una bestia ha problemi o è in difficoltà, di certo comprendendo a chi dare, ad esempio, la guida della mandria. Semplice? «Anche tra gli animali si creano degli equilibri di rispetto e di forza. Tra loro c’è sempre quella che fa da traino e sarà la guida che le altre seguiranno per raggiungere il pascolo». Ma se le chiedi che futuro c’è per la sua professione, le certezze vacillano quando dice: «Il nostro settore è in crisi, il latte viene pagato troppo poco». La svolta, a suo avviso, sta nel «lavorare senza delegare. Solo così si hanno buone entrate e la possibilità di andare avanti». A un giovane che volesse fare il suo mestiere, che si sente di dire? «Per imparare, l’unica è mettersi in gioco, essere disponibili e cercare allevatori che abbiano voglia di insegnarti il lavoro. Ce ne sono e sarebbero pure felici di tramandare un mestiere antico come il nostro».
© Riproduzione riservata