Il Coronavirus danneggia il cuore? Sì, ma in maniera indiretta: per paura del contagio da Covid-19 non si va in ospedale neanche per le emergenze. Così è accaduto che dallo scoppio dell’epidemia la mortalità per infarto acuto è quasi triplicata. A lanciare l’allarme è uno studio condotto dal Centro Cardiologico Monzino che ha misurato l’impatto della paura dell’infezione sull’assistenza alle persone con patologie cardiovascolari.
La mortalità per infarto potrebbe superare quella associata alla pandemia
«Se la tendenza dovesse persistere, la mortalità per infarto supererà di gran lunga quella direttamente associata alla pandemia», affermano gli autori dello studio, Giancarlo Marenzi (Responsabile della Unità di Terapia Intensiva Cardiologica), Antonio Bartorelli (Responsabile della Cardiologia Interventistica) e Nicola Cosentino (Staff dell’Unità di Terapia Intensiva Cardiologica).
I ricercatori hanno raccolto i dati da 81 Terapie Intensive Cardiologiche in Spagna nella settimana dal 24 febbraio al 1° marzo. In confronto allo stesso periodo dell’anno precedente, le procedure salvavita di angioplastica coronarica sono diminuite del 40%.
Il fattore tempo: fondamentale in caso di problemi al cuore
Le spiegazioni possibili sono due: la maggior parte delle persone affette da patologie cardiache è miracolosamente guarita oppure i pazienti non sono mai arrivati in ospedale per farsi curare. E purtroppo la seconda ipotesi sembra la più plausibile.
Del resto la stessa tendenza è stata osservata anche dagli specialisti del Monzino. Tenersi alla larga dagli ospedali sembra a molti la scelta più saggia, ma nel caso delle malattie cardiache non lo è affatto. Un ritardo nell’assistenza può costare la vita.
«Dall’inizio dell’epidemia Covid – commenta Marenzi – i pazienti arrivano in ospedale in condizioni sempre più gravi, spesso già con complicanze aritmiche o funzionali, che rendono molto meno efficaci le terapie che da molti anni hanno dimostrato di essere salvavita nell’infarto come l’angioplastica coronarica primaria. Il perché risulta molto chiaro in tutti i Paesi maggiormente colpiti dalla pandemia: il virus, che non sembra avere un ruolo primario nell’infarto, spinge la gente a rimandare l’accesso all’ospedale per paura del contagio. Purtroppo però questo ritardo è deleterio, e spesso fatale, perché impedisce trattamenti tempestivi e nell’infarto il fattore tempo è cruciale».
Per chi soffre di cuore ci sono aree riservate, lontane dal Coronavirus
I medici del Monzino che stanno assistendo a un calo di accessi al pronto soccorso sono particolarmente preoccupati e ci tengono a rassicurare i pazienti sulla sicurezza della loro struttura. «I centri altamente specializzati o monospecialistici, come il Monzino – dichiara Bartorelli – si sono da subito organizzati per proteggere i pazienti dall’infezione Covid. Noi, ad esempio, in quanto hub cardiologico (vale a dire ospedale di riferimento per pazienti non Covid) abbiamo creato percorsi e aree separate Covid-free e siamo riusciti a contenere al minimo il contagio fra pazienti, mantenendo il massimo standard di cura. Probabilmente i pazienti non sono pienamente consapevoli di quanto è stato fatto per proteggerli e continuano ad essere intimoriti dalla pressione esercitata dal virus sul sistema ospedaliero nel suo insieme. Invece dovrebbe diffondersi la consapevolezza che i centri cardiologici d’eccellenza sono riusciti a mantenere gli standard delle cure salvavita per l’infarto, nonostante il Covid, ed è fondamentale che anche la gente mantenga comportamenti corretti, ma continui a fare attenzione ai sintomi cardiaci e ad accedere senza esitazione e paura all’ospedale, per farsi curare in tempo».
I cardiologi insistono sulla necessità di accedere in tempi brevi alle cure salvavita. Non ci può essere Coronavirus che tenga, nelle patologie del cuore il fattore tempo è determinante. «Per evitare il virus non dobbiamo rischiare di morire di infarto», concludono gli esperti.
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