Mamme straniere che vanno a scuola, grazie anche all’aiuto di alcune signore che tengono i loro figli; anziane di un centro diurno che insegnano a cucire… Luoghi dove l’accoglienza è di casa
Silvia arriva al punto di ritrovo con dieci minuti di anticipo. Porta un passo svelto, sfida le temperature gelide di inizio anno sfoggiando una tenuta ginnica con felpa e leggins. È una fisioterapista, da pochi anni è andata in pensione, ed ha accolto con gioia il progetto di baby-sitting a sostegno delle mamme straniere: «È bellissimo avere a che fare con i bambini, una grande gioia, lo faccio con piacere», racconta. Ci troviamo a Cernusco Lombardone, un paese con meno di 4mila abitanti in provincia di Lecco. È qui che, da vari anni, un gruppo di abitanti porta avanti un progetto di integrazione rivolto alla cittadinanza straniera. Un’iniziativa ideata dall’Associazione Vo.Ce. che, alcuni anni fa, ha iniziato ad offrire corsi gratuiti di italiano a donne di varie nazionalità. Essendo, la maggior parte di esse, delle giovani mamme, alcune volontarie dell’associazione si sono offerte di occuparsi dei loro bimbi, mentre le giovani erano in classe a seguire le lezioni. Dallo scorso anno questo progetto si è ampliato, ed oggi vede la sinergia con il Cpia di Lecco (Centro Provinciale Istruzione Adulti), coordinato dall’insegnante Sara Prina. «Siamo un bel gruppo, c’è una grande collaborazione tra tutte le parti, è una gioia far parte di questa rete solidale», racconta piena di entusiasmo.
» EX SCUOLA
Ci troviamo nel cuore di Cernusco Lombardone, a piazza Vittoria, in un edificio che per tanti anni ha ospitato la scuola elementare. Un luogo nel quale intere generazioni hanno costruito la propria identità. In disuso e abbandonato per tanti anni, questo palazzo è stato ripreso in mano, lo scorso anno, dal Cpia di Lecco che, in collaborazione con il Comune, sta cercando di riqualificarlo. Al primo piano si svolgono le lezioni. Al piano terra, nella palestra, le babysitter hanno allestito uno spazio per far giocare i piccoli. Le volontarie si sono organizzate con dei turni in modo da garantire, ogni giorno, una presenza costante.
Mancano pochi minuti alle dieci quando, in piazza Vittoria iniziano ad arrivare le prime donne con i loro passeggini. Camminano adagio, spingono la carrozzina con cura, scegliendo la strada meno scoscesa, per non sballottare troppo i loro piccoli. «Queste mamme ci danno una grande lezione di vita – incalza Fiorella, una delle volontarie storiche dell’associazione -. Abitano lontano da qui, non hanno mezzi di trasporto a disposizione, spesso è complicato anche salire sull’autobus con il passeggino, e così, di solito, preferiscono camminare. Percorrono vari chilometri a piedi, coprono bene i loro figli per paura che si ammalino. Sono donne animate da un grande spirito di sacrificio, non abbiamo che da imparare da loro», afferma Fiorella.
» EMPATIA
«Capisco bene il loro senso di straniamento, capisco quanto sia difficile iniziare da zero – interviene Maria, una signora minuta dagli occhi verdi -. Vengo dal Sud Italia – racconta -, mi sono trasferita qui trentacinque anni fa, seguendo mia sorella, e non me ne sono più andata. Ho trascorso in questo paese più della metà della mia vita, eppure c’è ancora chi mi chiama terrona», racconta con voce lieve. Le mamme non hanno tanto tempo per stare a contatto con le babysitter, spesso la loro relazione si riduce ad una serie di raccomandazioni fugaci, uno scambio di pannolini e via, le giovani corrono in classe perché non vogliono perdere neanche un minuto della lezione. «Sorridono sempre, ci ringraziano, vediamo la gratitudine nei loro occhi, è bellissima la sensazione che si prova nel fare qualcosa di utile per gli altri», raccontano le volontarie.
» IN CLASSE
Sedute sui banchi di scuola ci sono donne di vari Paesi, dall’India a El Salvador, dall’Ucraina al Senegal passando per la Nigeria, il Marocco e l’Albania. All’interno di queste quattro mura sono rappresentati tutti i contenenti. Sara Prina, l’insegnante, è un vulcano di energia, fonte inesauribile di idee. Ha imparato un po’ di parole nella lingua di ognuna, ed ogni tanto si lancia in conversazioni improvvisate. Le ragazze ridono del suo accento, lei sta al gioco, sa che in questo modo le mette a loro agio. Le lezioni durano due ore, dalle 10.00 alle 12.00. Si sta consolidando il livello più elementare dell’italiano, l’A1, quello che dà l’infarinatura a chi è alle prime prese con la lingua. Malgrado le difficoltà linguistiche, però, in classe regna un clima di serenità e collaborazione perché, laddove il vocabolario non arriva, ci pensano i gesti, in particolare i sorrisi. E di sorrisi, in questo angolo nascosto della Brianza lecchese, se ne diramano a volontà.
» LOCATE TRIULZI
E c’è un’altra storia che parla di integrazione. Ancora una volta arriva dal Nord, dall’hinterland milanese per la precisione. Ci troviamo a Locate Triulzi ed è qui che una dozzina di rifugiate africane vivono a poca distanza dal centro diurno La Sorgente, frequentato da un gruppo di anziane. Si sono ignorate, all’inizio, un po’ per paura, un po’ per diffidenza, un po’ per quel mix di sentimenti che ti porta ad allontanare l’altro, anziché avvicinarlo. Ed invece ci ha pensato la cooperativa “Il Melograno” di Legacoop a far cadere questo muro. L’ente, infatti, ha attivato per alcune ragazze rifugiate un tirocinio formativo, da svolgere come assistenti alle anziane nel centro diurno. È stato il sindaco di Locate Triulzi, Davide Serranò, ad illustrare il progetto alla cittadinanza: «Abbiamo deciso di farlo durante una festa nel centro anziani – racconta -, ho preso parola e ho spiegato ai cittadini che il nostro comune aveva accolto queste ragazze. La loro presenza in un certo senso era invisibile, molti concittadini non le avevano neanche mai viste. Così ho illustrato il progetto, ideato insieme a “Il Melograno” di Legacoop, presentandolo come una sfida, esortando tutti a mettersi in gioco. I risultati ci hanno dato ragione – afferma il primo cittadino, con un sorriso pieno di orgoglio -. Le ragazze oggi frequentano il centro a pieno ritmo svolgendo vari tipi di attività. Le nostre anziane, ad esempio, insegnano loro a cucire».
» IL CENTRO DIURNO “LA SORGENTE”
Sandra è stata una delle prime ragazze ad entrare nel centro diurno, per svolgere il suo tirocinio per diventare assistente anziani. 22 anni, nigeriana, il sorriso sempre stampato sulla bocca. «Mi trovo bene, è bello stare qui – racconta -; mi piace trascorrere il tempo in questo centro, con le signore. Facciamo tante cose insieme: parliamo, ridiamo, scherziamo, giochiamo a carte, a tombola, realizziamo delle bambole con ago e filo». Sandra ha scoperto un lavoro che mai avrebbe immaginato di fare nella sua vita, ed ha stretto anche dei legami speciali, con la signora Diana, ad esempio: «È molto anziana, mi coccola come se fossi sua nipote», dice. Oppure Antonietta, con la quale si intrattiene facendo lunghe partite a carte. «È lei che mi ha fatto conoscere le carte napoletane e mi ha insegnato a giocare, adesso facciamo partite lunghissime. Nel mio Paese lavoravo e studiavo. Quando sono arrivata in Italia, ho vissuto un periodo a Milano e non facevo nulla. Per fortuna, poi, mi hanno trasferito a Locate Triulzi, insieme alle mie sorelle».
» LA CASA VICINO ALLA STAZIONE
Quando parla di sorelle, Sandra, si riferisce alle altre ragazze che condividono casa con lei. Una villetta con un piccolo giardino, a pochi metri dalla stazione ferroviaria. Una dimora che loro hanno abbellito e personalizzato. «Veniamo da diversi Paesi dell’Africa: Nigeria, Camerun e Costa d’Avorio, ma siamo molto unite, siamo una grande famiglia», racconta Sandra, che ci tiene a ribadire il suo pensiero: «Essere una straniera non vuol dire non saper fare niente. Essere una nigeriana come me non vuol dire essere una donna di strada». E conclude: «Il fatto che io sia africana non implica che io sia inferiore agli italiani o che voi italiani non possiate avere bisogno di me e del mio aiuto». Poi guarda l’orologio, si scusa e scappa via: Antonietta e Diana la aspettano, e lei non vuole farle attendere.
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