Il 9 gennaio salirà finalmente sul podio dei centenari. La ginnasta ungherese Agnes Keleti diventerà così la campionessa olimpionica vivente più anziana del mondo. Sopravvissuta all’Olocausto, è anche una delle donne ad aver ricevuto il Premio Israele, considerato la più alta onorificenza del Paese.
La forma di demenza che ha danneggiato la sua memoria a breve termine, non ha scalfito il suo spirito grintoso. Chi si reca ad incontrarla nel suo appartamento di Budapest si trova davanti un’anziana signora che, muovendosi con agilità e scioltezza, scherza sul non riuscire più a fare la spaccata con entrambe le gambe: «Mi hanno detto che alla mia età non si può più fare», spiega lei ridendo.
Una collezionista di medaglie, fuggita dai campi di concentramento
Nata nel 1921, Agnes Keleti si è aggiudicata 10 medaglie di ginnastica in importanti campionati internazionali. Ha vinto la maggior parte dopo aver compiuto 30 anni, gareggiando contro ginnasti che avevano la metà dei suoi anni. I suoi trofei più prestigiosi comprendono cinque medaglie d’oro olimpiche ai Giochi di Helsinki del 1952 e di Melbourne del 1956. «Ho fatto sport non perché mi sentivo bene, ma per vedere il mondo», ha raccontato nel corso di un’intervista del 2016.
Ma, al di là della sua carriera sportiva, è la storia della sua vita ad essere avvincente. Si potrebbe leggere come la sceneggiatura di un film di Hollywood. Chiamata a far parte della nazionale ungherese nel 1939, vince il suo primo titolo l’anno successivo, ma più tardi la sua carriera subisce uno stop a causa dello scoppio della seconda Guerra Mondiale.
Dopo l’occupazione nazista dell’Ungheria nel marzo 1944, sfugge alla deportazione in un campo di sterminio ottenendo documenti falsi e assumendo l’identità di una cameriera, Piroska Juhasz. «Sono rimasta in vita grazie a Piroska con cui ho scambiato non solo vestiti e documenti, ma anche il modo di parlare», ricorda Agnes, che non ha mai rinunciato ad allenarsi. Neanche mentre lavorava a servizio in un villaggio delle campagne ungheresi. Suo padre e diversi altri membri della famiglia rimangono purtroppo uccisi nel campo di concentramento di Auschwitz, mentre sua madre e sua sorella si salvano grazie all’intervento di un diplomatico svedese, Raoul Wallenberg.
La dissidenza in Occidente
Finisce la guerra e, tornata ad essere Agnes, si trova anni dopo a dover affrontare una nuova prova. Nel 1956, quattro settimane prima dell’apertura dei Giochi Olimpici di Melbourne, scoppia la Rivoluzione ungherese e l’Unione Sovietica invia truppe e carri armati per sedare l’opposizione.
Due settimane dopo i primi disordini, Agnes, come il resto della squadra ungherese, parte per l’Australia e, una volta lì, si rifiuta di tornare a casa, disertando in Occidente. Riesce a portare sua madre e sua sorella fuori dall’Ungheria e nel 1957 si stabilisce con loro in Israele. Qui sposa un insegnante di sport, anche lui ungherese, Robert Biro, con il quale ha due figli. Dopo essersi ritirata dalle competizioni, lavora come insegnante di educazione fisica e diventa allenatrice della nazionale israeliana di ginnastica.
La gioia di vivere, prima di tutto, per guardare sempre avanti
«Ho sempre amato insegnare ai bambini», afferma. E alla domanda sulla cosa più importante che i più piccoli dovrebbero imparare, Agnes Keleti risponde senza esitazione: «La gioia di vivere». Un desiderio che in lei non è mai venuto meno, neppure nei momenti più difficili. Sono le menti che bisogna allenare, prima ancora dei corpi, Agnes ne è convinta.
Così a chi vuole sapere di più sui suoi trascorsi sportivi, Agnes risponde: «Il passato? Parliamo del futuro». E suole ripetere: «Il passato è passato ma c’è ancora un futuro». Persino i suoi ricordi olimpici sembrano concentrarsi non sulla sua abilità atletica, quanto sulle opportunità di viaggio offerte dalla sua carriera sportiva. «Non sono le medaglie ad essere significative, ma le esperienze che ne derivano», ha affermato l’anziana ginnasta. E aggiunge che lo sport le piaceva soprattutto perché le dava la possibilità di viaggiare gratuitamente. Non certo perché abbia mai amato salire sul podio, dal momento che, come lei stessa afferma, non le è mai piaciuto mettersi in mostra.
«Ho fatto solo quello che potevo»
Oggi è tornata a casa, in Ungheria, e allo sport in televisione (che la annoia) preferisce le camminate. «Valeva la pena fare qualcosa di buono nella vita – ha ammesso alla stampa la pluripremiata campionessa -. Mi vengono i brividi quando vedo tutti gli articoli scritti su di me». Anche se non sembra poi così impressionata dal riconoscimento dei suoi successi: «Ho eccelso? – chiede poi, quasi incredula -. Ho fatto quello che potevo e basta».
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