Le richieste sono in calo, nel nostro Paese come nel resto del mondo. Una recente ricerca, promossa dall’associazione ItaliaAdozioni, svela la percezione degli italiani rispetto al fenomeno e una campagna Social, tarata sulla comicità, ridimensiona i frequenti pregiudizi. Il vissuto dei nonni adottivi e il parere dello psicologo
Il nostro Paese dal 2008 è il primo in Europa e il secondo nel mondo, dopo gli Stati Uniti, per numero di adozioni di minori: dal 2008 al 2018 sono stati 51.151 i bimbi accolti nelle famiglie italiane. A partire dal 2012, tuttavia, si è registrato un calo, così come nel resto del mondo: nel 2019 le adozioni internazionali sono state appena 969 – registrando un calo del 14% rispetto all’anno precedente – e molto meno della metà di quelle del 2015, che erano oltre duemila. Più stabili le adozioni nazionali, che riguardano circa mille bambini l’anno.
Quali sono le cause di questo fenomeno? E cosa ne pensano gli italiani? Gli italiani hanno un’opinione tutto sommato positiva dell’adozione. Non la considerano necessariamente un ripiego o un’alternativa alla genitorialità biologica: tanto che a una coppia che è impossibilitata a procreare, la maggior parte degli italiani consiglierebbe di prendere in considerazione sì la fecondazione omologa, ma anche, e pressoché in pari misura, l’adozione.
Sono questi alcuni dei primi risultati che emergono dalla ricerca nazionale “La percezione dell’adozione da parte degli italiani” (Icona, Italy and Current Opinion on Adoption), promossa dall’associazione ItaliaAdozioni. «Con questa ricerca – spiega Ivana Lazzarini, presidente di ItaliaAdozioni -, che ha coinvolto docenti di diverse discipline di sette università italiane ed è stata realizzata grazie ai contributi di Fondazione Cattolica Assicurazione, Fondazione Cariplo e Banca di Credito Cooperativo di Milano, abbiamo voluto capire quale fosse l’immagine percepita dell’adozione, proprio per poter orientare al meglio la nostra attività, che è finalizzata a diffondere una migliore e corretta cultura dell’adozione. D’altronde, lo slogan della nostra associazione è “Conoscere l’adozione aiuta l’adozione”».
Più del 71% del campione conosce famiglie adottive e le ammira anche se la percentuale di adozioni (nella propria famiglia o tra parenti) nel campione è bassa e in linea con la percentuale di persone adottate nella popolazione italiana (inferiore al 10%). Per quanto riguarda il ruolo dei media rilevato dall’indagine, emerge uno spaccato nel quale prevalgono, come fonti di informazione, la televisione, i Social media e internet; residuali, invece, libri, articoli di giornale e periodici.
Non stupisce quindi che nell’immaginario collettivo, quando si parla di adozione, vengano in mente subito personaggi famosi, da Madonna a Brad Pitt e Angelina Jolie. E che gli intervistati, sulla base dei racconti e delle narrazioni ascoltate, si siano fatti l’idea che il percorso adottivo sia innanzitutto costoso (42%), seppur gioioso (36%) e appagante (29%), ma anche traumatico (21%), oltre che lungo ed impegnativo.
La complessità del percorso adottivo d’altronde può essere una delle cause che possono spiegare il calo delle adozioni, insieme alla quale vanno considerati molti altri fattori: i costi elevati (per l’adozione internazionale); la diffusione dell’affido e dell’adozione all’interno dei Paesi di provenienza, laddove le condizioni sociali ed economiche della popolazione tendono a migliorare; l’aumento dell’età media dei bambini in condizione di adottabilità, e il crescente numero di minori con bisogni speciali, sia psicologici che fisici; la maggiore accessibilità, sia a livello normativo che economico, della procreazione medicalmente assistita, sia omologa che eterologa.
Tuttavia, le famiglie adottive sono viste solo nel 13% dei casi come diverse dalle famiglie biologiche. Così come i bambini che sono stati adottati sono considerati figli come gli altri, anche se più bisognosi di attenzioni. «Questo ci conferma che la narrazione che si costruisce attorno al mondo dell’adozione può fare la differenza – sottolinea la presidente di ItaliaAdozioni -. I messaggi che vengono dati, anche dai media, possono contribuire a nuove aperture verso la scelta adottiva; oppure portare ad atteggiamenti di chiusura. Per questo motivo, abbiamo deciso di far seguire alla ricerca una campagna di comunicazione finalizzata ad una migliore cultura dell’adozione. E per farlo abbiamo scelto un linguaggio ed un mezzo non istituzionale, affidandola a testimonial molto popolari sui Social, per raggiungere una platea più ampia possibile. Così è nata la collaborazione con Casa Surace, che ha realizzato e diffuso il video: Le frasi da non dire quando si parla di adozione. Con uno stile ironico ed empatico, persino irriverente e dissacrante in alcuni punti, il video porta a riflettere su quelle frasi fatte e quei luoghi comuni che spesso derivano solo da una scarsa conoscenza. Perché non c’è nulla di meglio di una risata per combattere gli stereotipi».
Alcuni sketch del video, non a caso, prendono ispirazione proprio dalle informazioni che emergono dai risultati dalla stessa ricerca, quando si affrontano situazioni concrete: un minore straniero, una volta adottato, è italiano? Se per il nostro ordinamento giuridico è chiaro che “gli adottati nati in un altro Paese sono cittadini italiani a tutti gli effetti”, lo è meno per gli intervistati che, nel 60% dei casi, ritiene che la maggior parte delle persone (quindi gli altri) non concordi con tale affermazione, pur essendo invece d’accordo a livello personale. Insomma, molti la pensano come la sprovveduta coppia del video, che vedendo giocare a pallone il figlio adottivo della famiglia che sono andati a trovare esclamano: «Macché italiano e italiano, brasiliano è e brasiliano rimane».
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