Ecco alcune serie televisive e film che raccontano com’è vivere oggi quella fase particolare della vita di ciascuno, con le sue diverse sfaccettature, tra dubbi, contrasti, sofferenze e scoperte
Dai melodrammi alle commedie romantiche, numerosi sono i prodotti seriali e le pellicole che raccontano il passaggio dall’infanzia all’età adulta. Quella fase in cui l’adolescente si sente fuori luogo e in lotta con il mondo, carico di dubbi, con la costante paura di non essere accettato. I quattro titoli scelti costituiscono il ritratto di una generazione meno idealizzata rispetto al passato, caratterizzata da un profondo senso di disperazione e solitudine. Gli slanci impulsivi, l’approccio alla propria identità, al primo amore, alle amicizie vissute h24, spesso anche ai vizi e agli eccessi.
Il “teen drama” è un genere portavoce di temi importanti e, nel 2019, Euphoria – serie tv pluripremiata – sconvolge i genitori di mezzo mondo parlando dei tormenti della “Generazione z” alle prese con droga, sesso, ossessione per i social, cyberbullismo.
Ambientata in un liceo americano, è la storia di Rue (Zendaya), una diciassettenne che ha un passato di abuso di droghe e farmaci. Guarda con diffidenza i coetanei e la sua vita viene scossa dall’arrivo a scuola di una ragazza transgender.
Euphoria è un fenomeno senza precedenti di pubblico e critica, un’opera sulla formazione dell’identità che parla agli adulti attraverso il racconto autentico della realtà, soffermandosi sul lato oscuro di quando si è adolescenti e non si ha idea di cosa si stia facendo. Su quanto possa essere brutale la vita dei ragazzi, divisi tra la voglia di emergere a tutti costi e i segreti da nascondere.
Nel 2018 esce Baby, una serie Netflix ispirata allo scandalo delle baby squillo dei Parioli, in cui delle ragazze si prostituivano per continuare a condurre una vita agiata. Si tratta, in realtà, di una storia di formazione, un “coming of age” in linea con i nostri tempi. Le protagoniste sono Chiara (Benedetta Porcaroli) e Ludovica (Alice Pagani): la prima ha l’aria della tipica brava ragazza, la seconda ritenuta da tutti una cattiva ragazza per aver girato un video hard con il suo ex, poi reso pubblico (tema del cyberbullismo). Attorno a loro ruotano le vite degli altri protagonisti, tutti continuamente oppressi, agitati, infelici. I Parioli diventano l’emblema di gabbie dorate, dei luoghi elitari con grandi speranze e troppe regole. I genitori non sono ritratti come modelli affidabili, e allora se ne cercano altri al di fuori della famiglia o della scuola. In contrasto al mondo benpensante e ipocrita degli adulti, i ragazzi trascorrono l’adolescenza lasciandosi andare ad eccessi, fino a imboccare vicoli oscuri. Trasgredire vuol dire quindi avere una relazione segreta, della droga da spacciare oppure frequentare persone adulte.
Quello che spicca della serie è il modo in cui racconta le abitudini di oggi, un’era in cui tutti sono costantemente attaccati al cellulare, sia ragazzi che adulti. È interessante come i due schermi, quello dello smartphone e quello del racconto filmato, dialoghino tra loro. È come se i social si sovrapponessero alla vita, come se l’immagine pubblica coprisse l’io reale dei protagonisti.
Un film che propone un punto di vista mai abbastanza rassicurante, tipico degli adolescenti, è Favolacce dei Fratelli D’Innocenzo (premio al Festival di Berlino per la migliore sceneggiatura nel 2020). È un ritratto della periferia romana che potrebbe essere una periferia qualunque, quella fatta di ville monofamiliari e piscine gonfiabili, in cui è presente un ricco repertorio di disperazione, rabbia e volgarità. Una fiaba macabra che racconta il disagio esistenziale di adulti e adolescenti. La recitazione e la messa in scena sembrano voler porre il racconto dalla parte dei ragazzi. La storia nasce dal diario di uno di loro poi ritrovato, e si concluderà con una tragedia. Ogni cosa nell’universo di Favolacce può essere un pericolo o fonte di disagio; vivere le esperienze che la vita ogni giorno propone è spesso faticoso, e la mancanza di un appoggio sicuro, come quello che dovrebbe essere dato dagli adulti, finisce per far precipitare definitivamente i ragazzi in un mondo fatto di incubi. Gli adolescenti risultano essere dei disadattati, privi di vitalità, un enigma che gli adulti non riescono più a risolvere.
La metamorfosi come crescita e i primi amori sono al centro di Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino del 2017 (Oscar alla miglior sceneggiatura non originale).
È la storia di Elio (Timothée Chalamet), un diciassettenne americano che trascorre le vacanze estive nella villa di famiglia in Italia, dove suo padre, professore universitario, ogni anno è solito ospitare un dottorando. Conosce così il giovane Oliver (Arnie Hammer), bello e affascinante, e durante quell’estate nascerà tra loro un desiderio e un amore travolgente.
Il tema dell’omosessualità passa quasi inavvertito, trattato in modo naturale e senza artifici. Lo spettatore diventa partecipe dell’esperienza di Elio e le sue sensazioni portano a rivivere la nostra esperienza personale, riportano alla mente qualcosa o qualcuno, un odore o un sapore.
Il film è un dialogo con il nostro adolescente interiore; è un ricordo nostalgico delle estati di tutti noi. Una dichiarazione d’amore alla vita, al corpo, alle esperienze, al desiderio, al primo amore.
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