Dopo ‘REI’ e ‘RdC’ ecco ‘GIL’. Cambiano le denominazioni ma il problema rimane colmare il gap tra l’offerta e la domanda di lavoro
Al di là dei cosiddetti ‘furbetti’, è innegabile che prima il Reddito di inclusione e poi il Reddito di cittadinanza abbiano innovato le nostre politiche di contrasto alla povertà, ma è altrettanto vero che le iniziative messe in campo per promuovere l’occupazione non abbiano dato i risultati sperati. Da un lato occorre colmare il gap tra domanda e offerta di lavoro e dall’altro riqualificare e reinserire nel mondo del lavoro coloro che ne sono stati esclusi per i più svariati motivi.
Si chiama ‘Garanzia per l’Inclusione’ (GIL) la prestazione che da gennaio 2024 dovrebbe sostituire il Reddito di cittadinanza. Lo prevede la bozza del Decreto Lavoro all’esame del Consiglio dei Ministri proprio nelle ore in cui scriviamo queste righe, pertanto suscettibile di variazioni. Nelle intenzioni del Governo si tratta di una “misura nazionale di contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione sociale delle fasce deboli attraverso percorsi di inserimento sociale, nonché di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro”. A tal fine sarà istituito presso il Ministero del Lavoro un nuovo ‘Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa’ (SIISL) nell’ambito del quale opererà una piattaforma dedicata ai beneficiari del sussidio per l’attivazione di percorsi autonomi e personalizzati di ricerca del lavoro e l’individuazione di attività di formazione e sviluppo delle proprie competenze o la partecipazione a progetti utili alla collettività.
La nuova prestazione correggerà inoltre le violazioni del diritto UE recentemente segnalate da Bruxelles. A metà febbraio, la Commissione europea aveva aperto una procedura di infrazione contro l’Italia, ritenendo che il requisito dei dieci anni di residenza, necessario per accedere al Reddito di cittadinanza, non fosse in linea con il diritto dell’Unione Europea.
“GIL” sarà erogata ai cittadini dell’Unione e ai loro familiari, titolari di permesso di soggiorno o permanente, ma anche ai cittadini di Paesi terzi in possesso del permesso UE per soggiornanti di lungo periodo, purché al momento della presentazione della domanda risultino residenti in Italia da almeno cinque anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo.
Come il vecchio Reddito di cittadinanza, il nuovo sussidio sarà erogato tramite una carta di pagamento elettronica ricaricabile, denominata “Carta di inclusione”. L’ISEE resta la condizione necessaria per ottenere la prestazione: la soglia dovrebbe scendere dagli attuali 9.360 a 7.200 euro. La misura verrebbe riconosciuta, a richiesta, ai nuclei familiari in cui sia presente almeno un soggetto con disabilità o minorenne o con almeno sessant’anni di età o al quale sia stata riconosciuta una patologia che dà luogo all’assegno di invalidità civile anche temporaneo. Il beneficio economico dovrebbe essere corrisposto fino alla soglia di 6.000 euro annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza e potrebbe essere integrato fino a un massimo di 3.360 euro annui come contributo affitto.
Parallelamente alla “GIL”, il Decreto Lavoro prevede l’introduzione di una prestazione di accompagnamento al lavoro denominata “PAL” e di una misura di garanzia per l’attivazione lavorativa denominata “GAL”, entrambe pari a 350 euro al mese. La prima è una misura transitoria prevista da settembre 2023 e fruibile fino alla fine dell’anno dagli “occupabili” che attualmente percepiscono il reddito di cittadinanza, la seconda dovrebbe essere destinata ai cittadini con un’età compresa tra i 18 e i 59 anni e con un ISEE non superiore a 6.000 euro.
Indipendentemente da come si chiameranno i sussidi, ci auguriamo che le misure individuate per favorire l’occupazione possano risolvere almeno in parte le debolezze strutturali del nostro mercato del lavoro.
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