Campione del mondo con la Germania, prima da giocatore e poi da allenatore, è considerato tra i più grandi difensori della storia del calcio. Aveva 78 anni.
Gianni Brera ha scritto che Italia-Germania 4 a 3, la “partita del secolo”, consacrata perfino da una targa commemorativa allo stadio Azteca, fu una gara a chi sbagliava di più. Che di quella sfida memorabile furono davvero belli, dopotutto, solo i supplementari. Bene, il “libero” fuoriclasse, il tuttofare dai piedi raffinati, il gladiatore in smoking di quella Germania, Franz Beckenbauer, giocò venticinque dei trenta minuti supplementari della partita col braccio al collo. Il frutto di una slogatura alla spalla rimediata in caduta dopo uno scontro di gioco. Non potettero sostituirlo, ma anche così era migliore della maggior parte dei giocatori a disposizione dell’allenatore tedesco.
E però come sarebbe finita quella partita se “Kaiser Franz” fosse stato pienamente abile? Avrebbe tagliato il campo con una delle sue sortite formidabili, portando il pallone da un’area all’altra prima di lasciarlo tra i piedi degli attaccanti, si sarebbe fatto valere in qualche mischia, avrebbe contrastato Rivera, solo al centro dell’area a piazzare la stoccata vincente al minuto centoundici?
Franz Beckenbauer si laurea Campione del mondo
E invece ingoiò il boccone amaro – come quattro anni prima in Inghilterra, in finale contro i padroni di casa – e perse l’opportunità ghiottissima di affrontare in un’altra finale mondiale sua maestà Pelé. In finale ci sarebbe arrivato quattro anni dopo, a casa sua, in Germania, piegando la meravigliosa Olanda di Johann Cruijff e laureandosi campione del mondo. E tanto per non farsi mancare niente, diventato allenatore della nazionale, avrebbe prima perso e poi vinto un mondiale, nel 1986 e nel 1990, nientemeno che contro Maradona.
Un palmares arricchito, negli anni Settanta, da tre Coppe dei Campioni come capitano del Bayern di Monaco e due palloni d’oro: unico nella storia tra i difensori. Ma la verità è che Beckenbauer non era un difensore: “libero”, nel senso più puro, totale del termine, giocatore a tutto campo, capace di prestarsi a ogni compito, di perdersi in ogni ruolo e rimanere sé stesso, sempre riconoscibile per la falcata, la testa alta, la fierezza e la compostezza imperturbabile, fosse anche da un braccio al collo.
Ha dedicato al calcio tutta la sua vita
Nato nel settembre del 1945, appena dopo la fine della seconda guerra mondiale, ha accompagnato oltre mezzo secolo di storia della Germania, mentre il Paese si rimetteva in piedi dalla polvere, rifaceva amicizia con l’Europa e ritornava unito. Al calcio ha dato tutto quello che poteva: in campo, in panchina e dietro una scrivania, da presidente onorario del Bayern e capo del comitato organizzatore dei mondiali di calcio del 2006. Ma per i tifosi tedeschi, e non solo, è stato molto più di uno che insegue una palla.
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