Sono passati quattro anni da quella notte in cui un violento sisma ha scosso il Centro Italia. Sono le 3,36 del 24 agosto 2016 quando la terra trema per 142 secondi lasciando dietro di sé paura, buio, disperazione. E 299 vittime.
Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto, i comuni più colpiti.
Agosto 2020: nelle zone terremotate la vita va avanti a fatica. Della ricostruzione del centro storico della città reatina, nemmeno l’ombra e si respira forte tra i cittadini l’esasperazione.
Siamo tornati ad Amatrice, a quattro anni distanza dal terremoto. «Per me non è cambiato niente – ci dice una donna che incontriamo tra le casette realizzate all’indomani dei crolli -. Com’era quattro anni fa è adesso». Ma è un’altra, in là con gli anni a raccontarci che della propria casa, che è in zona rossa – quella più colpita -, non si sa più nulla: «L’hanno demolita – ci dice – ma nessuno ci ha detto quando e se si potrà ricostruire. Se vogliono che si dica che qua va tutto bene, allora va bene, va tutto bene. Ma non è così».
E al di là dell’attesa della ricostruzione del centro storico, in tanti lamentano che le casette prefabbricate non sono adeguate alla montagna: fredde d’inverno, roventi d’estate.
Ce lo conferma un altro anziano. Anch’egli residente in uno dei moduli abitativi che avrebbero dovuto essere provvisori. Lo incontriamo di fronte a uno dei due centri commerciali della zona, quello – per intenderci – a ridosso delle casette. «Alla mia età – ho 76 anni – non conto più di rientrare in casa mia: nessuno ha messo mano alla ricostruzione del centro e perciò penso che non farò in tempo a rimetterci piede».
Ma il sindaco prova a rassicurare: «Con le modifiche alla legge 156 dello scorso 12 dicembre, si snelliranno i tempi dei lavori e questa sensazione pessimistica legata al fatto che la ricostruzione stenta sarà superata dai fatti; vedrete – assicura Antonio Fontanella – i cantieri che già ci sono diventeranno dieci, venti, cinquanta volte di più, proprio perché la modifica delle norme renderà più facile approvare i progetti di ricostruzione».
Eppure è lo sconforto ad essere palpabile come una certa ostilità, anche verso la stampa. «Non voglio parlare con nessuno», ci dice la titolare di una panetteria al centro commerciale. «Tanto è inutile – aggiunge la proprietaria del negozio di pasta all’uovo – raccontate solo quello che vi pare. E ad Amatrice avete deciso che va tutto bene: allora va tutto bene».
«La ricostruzione non c’è – ci racconta invece la titolare di un negozio di abbigliamento -. Il lavoro è poco proprio perché non c’è la ricostruzione e quindi le persone non tornano nelle seconde case». «Guardi – aggiunge il titolare di un negozio di oggettistica – E’ agosto e sul foglio dei corrispettivi ho 300 euro. 300 euro di incassi, ad agosto!».
Sì perché agosto, prima del sisma, è sempre stato il mese del grande afflusso ad Amatrice, quello in cui i turisti si riversavano a frotte in città per godere dell’aria pulita e dell’ottima cucina. Oggi, a quattro anni dalla scossa, quel che resta in piedi è il settore alimentare dove, all’ora di pranzo, si registrano code fuori dai ristoranti.
«Secondo la mia impressione Amatrice lavora un po’ di più in questo periodo, nonostante il Covid, perché a causa della pandemia le persone non si spostano molto e, quindi, in tanti preferiscono venire qui». A dircelo è un ristoratore le cui parole vengono confermate dalla titolare di un altro punto ristoro: «Il Covid ci ha fatto fermare per tre mesi, ma ora la gente c’è: cerchiamo di accoglierla nel modo più sicuro, però le strutture sono piccole, abbiamo dovuto distanziare i tavoli e più di quello non si può fare».
«Non guardiamo i venti giorni d’agosto durante i quali vengono qua i turisti a mangiare la pasta – fa un quarantenne amatriciano -. Amatrice non c’è più. I giovani sono rimasti ben pochi. Dell’età mia – per dire – quasi tutti se ne sono andati via».
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