Si è svolta a Roma il 10 febbraio scorso la quinta edizione del Summit Nazionale delle Diaspore. Al centro del dibattito, il Piano Mattei e la necessaria partecipazione delle comunità straniere.
Le organizzazioni e le associazioni di immigrati da tutto il mondo e in tutto il mondo sono ponti culturali e leve di sviluppo economico: è su questo principio che si fonda il Summit nazionale delle Diaspore, che si è riunito a Roma, per la quinta volta, lo scorso 10 febbraio. In Italia sono presenti oltre 2.100 associazioni di migranti, che svolgono un ruolo fondamentale nei processi di integrazione nella società e per la crescita italiana. Molte svolgono attività di solidarietà internazionale e cooperazione allo sviluppo, promuovendo le relazioni dell’Italia con i paesi di origine. Molte vorrebbero farlo. Dar voce e riconoscimento a queste associazioni è il compito del Summit nazionale, che quest’anno ha dedicato un’attenzione particolare al Piano Mattei, che si propone di costruire un nuovo partenariato tra l’Italia e il continente africano.
Diaspore e Piano Mattei
“L’Italia sarà davvero ponte tra l’Africa e l’Europa solo se coinvolgerà gli africani, le loro associazioni nel continente e quelle della diaspora che sono qui”: ha affermato Abderrahmane Amajou, rappresentante delle associazioni del Piemonte. E ha ricordato che il 29 gennaio, in Senato, alla presentazione del Piano Mattei, c’erano diversi scranni vuoti: “Le diaspore non sono state invitate eppure lo spazio in aula c’era, lo avete visto tutti. Si potevano coinvolgere altre realtà ma è stato deciso di non farlo”, osserva.
Un messaggio condiviso dal presidente del neonato Coordinamento italiano delle Diaspore per la Cooperazione Internazionale (CIDCI), Bertrand Honoré Mani Ndongbou. “Siamo stati molto sorpresi dal fatto che nella governance del Piano Mattei non ci fossero la diaspore – ha sottolineato Ndongbou -. Questo è un vulnus importante. Bisogna lavorare insieme con il governo per far sì che le voci delle diaspore e degli africani siano presenti e che si trovino le soluzioni alle problematiche attraverso i progetti migliori. Servono l’approccio dell’ascolto e dell’umiltà nel dare spazio a chi vuole contribuire perché il Piano Mattei sia un successo, per l’Italia ma anche per l’Africa”.
Ha raccolto le sollecitazioni di Ndongbou, Stefano Gatti, Direttore generale per la Cooperazione allo Sviluppo alla Farnesina. “Presentate proposte concrete, vogliamo vederle una per una – chiede ai partecipanti – Le diaspore sono parte della società civile e del sistema Italia”. Poi, sul Piano Mattei: “Non c’è nessuna esclusione, siamo vostri compagni di strada”.
Le diaspore, un ponte tra comunità e società
Anche Marco Riccardo Rusconi, direttore dell’Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), ha sottolineato il contributo delle diaspore, soffermandosi sul significato di due parole: inclusione e impatto. “La prima vuol dire partecipazione attiva e rappresentativa di tutti gli attori in tutte le fasi di un’iniziativa, dalla ideazione alla progettazione fino al disegno e all’esecuzione” ha detto Rusconi. “La seconda significa che non guardiamo solo alle realizzazioni concrete e materiali ma ai risultati che queste attività portano nel tempo, nel medio e nel lungo periodo, che devono essere concreti e misurabili”.
Il direttore si è rivolto direttamente ai partecipanti al Summit: “Voi siete un ponte tra le diverse comunità e società e grazie a voi si può rafforzare quello scambio di idee, di progetti e di conoscenze che porta a una qualità migliore della cooperazione allo sviluppo“. Sul palco anche Ana Estrela, vicepresidente del CIDCI: “Pugliese e afrobrasiliana, sono parte di questa grande diaspora mondiale, conseguenza di una tratta transatlantica che ha colpito 12 milioni di persone, il 60% delle quali giunte in Brasile. Sin dalla prima volta che ho varcato la plenaria del Summit nel 2017, ho capito che davanti a noi c’era l’opportunità di vedere riconosciuto un nostro diritto, che però era allo stesso tempo un dovere. È un dovere esserci, perché non si può desiderare il cambiamento senza poi partecipare in modo attivo al processo di sviluppo”.
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