Il percorso di trasparenza e rigore per modernizzare le finanze della Santa Sede, ripristinando la fiducia dei fedeli. Il caso Becciu
Quando Jorge Mario Bergoglio salì al soglio pontificio nel marzo 2013, si trovò di fronte a una complessa struttura amministrativa, caratterizzata da scarsa trasparenza e pratiche gestionali radicate in logiche obsolete. In dodici anni di pontificato, Papa Francesco ha avviato una profonda trasformazione del sistema economico vaticano, portando alla luce inefficienze e criticità che affliggevano la gestione finanziaria della Santa Sede. La riforma di Francesco non ha risparmiato nemmeno i vertici ecclesiastici. Come dimostra la decisione di eliminare gli affitti agevolati per i cardinali, ora tenuti a pagare canoni allineati ai valori di mercato per i loro appartamenti.
L’inizio della riforma: il discorso ai cardinali del 2013
La svolta si manifestò già nei primi mesi del pontificato, quando Francesco rivolse ai cardinali parole inequivocabili: “Se non sappiamo custodire i soldi, che si vedono, come custodiamo le anime dei fedeli, che non si vedono?”. In quell’occasione, il Pontefice denunciò apertamente investimenti considerati “immorali” e perdite economiche significative dovute a operazioni finanziarie discutibili. Quelle dichiarazioni, inizialmente registrate in modo informale ma poi divenute pubbliche, segnarono l’inizio di una battaglia contro le pratiche ‘opache’ nella gestione dei fondi ecclesiastici.
Le resistenze interne alla riforma delle finanze vaticane
Nel 2014 nacquero nuovi organismi fondamentali per il controllo dei conti, come l’Ufficio del Revisore Generale e un nuovo codice per la trasparenza dei bilanci. Tuttavia, i protagonisti della riforma si scontrarono con le resistenze interne. Il cardinale George Pell, prefetto dell’Economia, scoprì fondi non dichiarati per oltre 1,3 miliardi di euro. Tentò di implementare nuovi standard di contabilità, ma la sua azione venne interrotta quando dovette tornare in Australia per affrontare un processo (dal quale fu assolto). Sorte simile toccò a Libero Milone, revisore generale, costretto alle dimissioni dopo essere stato accusato di spionaggio. Accuse poi rivelatesi infondate, tanto che oggi l’ex revisore ha intentato causa contro il Vaticano. Dietro queste vicende, secondo molti osservatori, si celava l’opposizione dell’allora influente cardinale Angelo Becciu, in seguito condannato per il controverso affare del palazzo di Londra.
Il caso Becciu e lo scandalo londinese
La determinazione del Papa nella lotta alla cattiva gestione finanziaria ha trovato un caso emblematico nel processo al cardinale Angelo Giovanni Becciu, ex Sostituto della Segreteria di Stato. La sua condanna a cinque anni e sei mesi per peculato, pronunciata nel dicembre 2023, ha rappresentato un punto di svolta. Il processo ha fatto luce sulla gestione di oltre 600 milioni di euro di fondi riservati della Segreteria di Stato, con particolare attenzione all’investimento di circa 240 milioni nel palazzo di Londra di Sloane Avenue. L’operazione, affidata a finanzieri anch’essi condannati, ha rivelato un sistema di conflitti d’interesse, scarso controllo e destinazioni d’uso discutibili dei fondi vaticani. Oggi Becciu, seppure tra i non elettori, reclama il diritto di fare parte del Conclave che eleggerà il nuovo pontefice.
Lo IOR, il forziere centrale della Santa Sede
Lo IOR (Istituto per le Opere di Religione) ha un ruolo centrale nel sistema finanziario vaticano. Con un patrimonio gestito di 5,4 miliardi di euro, l’istituto ha registrato nel 2023 un utile di 30,6 milioni di euro. Con la Costituzione Apostolica “Praedicate Evangelium” del 2022, Francesco ha inoltre ribadito un principio fondamentale: gli enti ecclesiastici sono “solo affidatari, non proprietari” dei beni che amministrano. Successivamente, ha confermato lo IOR come unico gestore riconosciuto per il patrimonio mobiliare vaticano, in quanto conforme sia al diritto canonico che agli standard internazionali. Papa Francesco ha anche ridisegnato i centri di potere economico della Santa Sede. La Segreteria di Stato non controlla più il suo patrimonio, che è stato trasferito all’APSA (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica).
Le finanze vaticane per una “Chiesa povera per i poveri”
Nonostante i progressi significativi ottenuti in termini di regolamentazione e trasparenza, la rivoluzione delle finanze vaticane di Papa Francesco non è completa. I nuovi meccanismi di controllo e gestione fanno, infatti, fatica a entrare in una cultura istituzionale radicata in pratiche consolidate nel tempo. Il cammino intrapreso, tuttavia, segna un punto di non ritorno nella gestione economica della Santa Sede, con l’obiettivo di garantire che le risorse della Chiesa siano amministrate con trasparenza e al servizio della sua missione evangelica. In linea con quella visione di una “Chiesa povera per i poveri” tanto cara a Francesco. Una missione, quella del Pontefice, che ha voluto restituire trasparenza e credibilità in un momento in cui le donazioni, compreso l’Obolo di San Pietro, registravano un progressivo calo.
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