Il sistema pensionistico croato ha molti problemi: dal 2019, la procedura per richiedere una pensione di anzianità è diventata più complicata e il pensionamento anticipato viene sempre più penalizzato.
L’attuale sistema obbliga tutti i nati dopo il 1963 a lavorare fino a 65 anni, eccezion fatta per coloro che hanno 41 anni di lavoro alle spalle. Al contrario, tutti i nati dopo il 1966 devono lavorare fino a 67 anni, sempre che non abbiano già accumulato 41 anni di anzianità lavorativa.
In Croazia, la maggior parte dei pensionati riceve circa 300 euro al mese (ovvero 2.228 kune), ma oltre il 55% di essi (586.613 persone) ha un reddito inferiore alla pensione standard. Chi sceglie o ha necessità di richiedere una pensione anticipata viene penalizzato con una riduzione annua del 3,6% dell’importo fino ad arrivare al 18% nei cinque anni precedenti all’età di pensionamento prevista per legge. La riduzione è permanente.
La protesta dei cittadini croati si è espressa con il sostegno dato alla campagna “67 è troppo” lanciata quest’anno. L’iniziativa ha raccolto più di 740.000 firme: un numero sufficiente per indire un referendum sull’età di pensionamento e sulla riduzione delle penalizzazioni in caso di pensionamento anticipato. Il primo ministro Plenković, pochi giorni fa, ha dichiarato che il governo accetterà tutte le richieste avanzate dall’iniziativa “67 è troppo”. Ma i sindacati non cedono sul fronte del referendum: hanno fatto tesoro della loro esperienza del 2010, quando rinunciarono a un referendum sulla legge sul lavoro. Fra le richieste di “67 è troppo” c’è quella di porre fine alle discriminazioni nei confronti dei lavoratori più anziani e quella di creare maggiori opportunità di lavoro per tutti gli over 65 che le desiderino.
In effetti, anche per ragioni economiche, sono sempre di più i pensionati croati che lavorano. I dati dell’Istituto di previdenza sociale croato ne hanno censiti 11.558 (6.931 uomini e 4.627 donne), con un tasso di occupazione media in lieve crescita dal 2017 al 2018 ma che è più che raddoppiato nei primi sette mesi di quest’anno.
I pensionati in Croazia lavorano principalmente in ambito tecnico e in attività professionali, oltre che nei servizi sanitari e nel commercio. Ma è interessante il fatto che, prima della scorsa stagione estiva, si siano susseguiti annunci di lavoro in cerca di lavoratori stagionali pensionati. Il più originale è stato quello di una nota catena di supermercati che proponeva ai pensionati un lavoro part-time con due giorni liberi, pasti caldi, spese di viaggio incluse e il pagamento nella prima settimana del mese. Si offriva anche “tempo libero per nuotare e prendere il sole” con un asciugamano e una crema solare in omaggio.
Permane tuttavia una questione importante che anche il gruppo “67 è troppo” ha trascurato: la privatizzazione del sistema di assicurazione pensionistica, il secondo pilastro delle pensioni. Sarebbe stato d’obbligo, visto che i fondi pensione croati sono stati investiti in imprese rischiose: il fallimento della ditta Agrokor, nelle cui azioni era investita la maggior parte di essi, mostra – tra l’altro – quanto fossero mal gestiti gli investimenti.
Oggi i pensionati croati possono ancora scegliere tra i fondi pensione obbligatori (quelli che comprendono il primo e il secondo pilastro) e la pensione fondata sulla solidarietà intergenerazionale. Non è un caso che, nei primi quattro mesi di quest’anno, il 41,5% dei nuovi pensionati ha scelto la seconda opzione, percentuale che in agosto ha raggiunto il 60,8%.
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