Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, un’occasione per parlare, informare e sensibilizzare su questo problema che sembra aggravarsi di anno in anno. Secondo l’ultimo rapporto Eures, infatti, tra tutte le vittime di violenza, la percentuale femminile si sarebbe alzata fino a raggiungere il 40,3%. In aumento i casi di femminicidio anche tra le over50.
La storia di Filomena
Filomena ha 16 anni quando conosce Vittorio, un uomo poco più grande di lei. Gli Anni ’70 sono la cornice di una storia d’amore come tante altre: due giovani innamorati, mano nella mano per le vie di Salerno. Un amore così forte, così grande, che quando Filomena scopre che il fidanzato ha problemi con l’alcol decide di impegnarsi per farlo uscire dal tunnel. Ma quella dipendenza alimenta un’indole violenta fatta di urla e schiaffi, di una cieca gelosia, di un timore costante di essere tradito. Vittorio scatta per ogni cosa: un sorriso di un barista, la parola gentile di uno sconosciuto, persino l’aiuto di un amico che si offre di portare la valigia di Filomena. Lei, però, non demorde e continua a lottare contro il peggio di quella dipendenza. Poco dopo il matrimonio, la vita di Filomena e Vittorio si colora con l’arrivo del primo dei loro tre figli, ma quello che lei pensava sarebbe stato un nuovo inizio si rivela l’origine di nuovi divieti: Filomena non può truccarsi, non può uscire con le amiche, non può iscriversi a Facebook, non può mostrarsi femminile, non può nemmeno prendere un caffè con la vicina. Ad ogni presunta trasgressione corrispondono violenze e insulti. Una storia che va avanti per 30 anni fino a quando Filomena si ribella e annuncia al marito di volersi separare. È il 28 maggio 2012, sono le quattro del mattino, Vittorio entra nella camera da letto in cui lei sta dormendo, le batte sulla spalla dicendole “Guarda che ti do” e le rovescia una bottiglia di acido solforico addosso. Quel liquido le corrode la pelle del viso e di alcune parti del corpo e la costringe a una disperata corsa verso il pronto soccorso accompagnata dal figlio. Verrà sottoposta a 30 operazioni chirurgiche nel corso dell’anno e mezzo successivo: lo stesso tempo in cui Vittorio è rimasto in carcere. Da cinque anni, infatti, quell’uomo ha ripreso una vita normale, ma Filomena ha cominciato a vivere la sua: all’età di 58 anni ha deciso di viaggiare per l’Italia raccontando la sua storia con l’aiuto di Spaziodonna, l’associazione di Salerno che l’ha supportata con un team di avvocati e psicologhe.
I dati della violenza sulle donne
Quella di Filomena, purtroppo, è solo una delle tante storie di violenza di genere che popolano il panorama italiano. Secondo il rapporto Eures su “femminicidio e violenza di genere”, infatti, nel 2018 sarebbero 142 le donne uccise di cui 119 in famiglia: una percentuale che raggiunge un apice mai visto prima d’ora. Nel 32,8% dei casi il movente sarebbe collegato a gelosia e possesso, mentre si registra un aumento anche per le denunce di stalking, le violenze sessuali e i maltrattamenti in famiglia.
Dal 2000, la cifra delle donne uccise in Italia ha continuato a salire fino a raggiungere le 3.230 vittime di cui 94 solo nei primi sei mesi del 2019. È aumentata anche l’età media delle donne che subiscono violenza raggiungendo i 54,2 anni, con un 50% delle vittime registrate con più di 70 anni. Proprio all’inizio dell’anno l’Osservatorio Sociale Regionale della Toscana ha divulgato il Decimo rapporto sulla violenza di genere in cui ha approfondito il tema della violenza sulle donne over 50.
Dei 108 femminicidi avvenuti in Toscana tra il 2006 e il 2017, 45 casi hanno riguardato donne ultrasessantenni. Una situazione aggravata anche dallo scarso accesso delle senior toscane ai centri antiviolenza e ad altri servizi del territorio. Durante la stesura del rapporto sono state intervistate più di 500 senior alle quali sono state fatte alcune domande sulla violenza di genere: tutte le partecipanti hanno dichiarato di conoscere il tema e un 4% ha persino dichiarato di averne avuto esperienza diretta.
La maggior parte delle donne intervistate ritiene inaccettabile che l’uomo imponga il suo volere all’interno della coppia e della famiglia. Ma non tutte sono della stessa idea. Il 6,7%, infatti, ritiene il controllo una dimostrazione di affetto, mentre il 26,8% ha indicato una qualche possibile giustificazione per un comportamento violento da parte dell’uomo verso la donna. Le situazioni che vengono considerate come una scusante sono legate alla gelosia e a situazioni di forte stress psicologico. Un dato che correla con quanto rilevato anche dall’Undicesimo Rapporto, relativo al 2019 e presentato questa mattina, e con ciò che accade a livello nazionale: solo il 37,3% delle vittime di violenza, infatti, decide di lasciare il partner, ma più della metà torna a viverci insieme poco dopo. I motivi di questa scelta sarebbero proprio legati alla giustificazione del gesto violento: molte tornano perché il partner ha promesso di cambiare, altre per dare al compagno una seconda possibilità. Alcune lo fanno per il bene dei figli e una percentuale minore dichiara di farlo per amore.
A chi rivolgersi in caso di emergenza
Per ricordare le vittime della violenza di genere e di femminicidio, nel 1999 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che ricorre ogni anno il 25 novembre, invitando i governi e le organizzazioni internazionali a svolgere attività di sensibilizzazione e di informazione sul tema.
In Italia, il movimento “Non una di meno”, che unisce diverse realtà femminili senza distinzioni d’età, è tornato per le strade di Roma sabato 23 novembre con lo slogan “Contro la vostra violenza, saremo rivolta!”. Tra i promotori del movimento c’è anche D.i.Re (Donne In Rete contro la violenza), la prima rete italiana con oltre 80 Centri Antiviolenza gestiti da associazioni di donne e riconosciuti dal Ministero delle Pari Opportunità. I centri D.i.Re sono contattabili telefonicamente o raggiungibili di persona grazie ad una mappa interattiva pubblicata sul sito. Esiste anche un’app totalmente gratuita che, grazie a un sistema di geolocalizzazione, fornisce un aiuto immediato per entrare in contatto con i Centri Antiviolenza più vicini. All’accoglienza telefonica e ai colloqui personali si uniscono ospitalità in case rifugio, consulenza psicologica e legale, aiuto e sostegno alle donne nel percorso di uscita dalla violenza.
Il Ministero delle Pari Opportunità ha istituito anche il 1522, numero verde nazionale che indirizza le utenti al Centro Antiviolenza più vicino, mentre dal 2015 è attivo il Codice Rosa, un percorso di assistenza avviato dal Pronto Soccorso qualora si presentino donne che hanno subito violenza sessuale o fisica. Il progetto prevede l’aiuto di una equipe costituita da personale medico e specializzato, come dottori, psicologi, infermieri e assistenti sociali, con il coinvolgimento delle forze dell’ordine e di avvocati che si occupino delle procedure giuridiche. Tuttavia, si tratta di un protocollo che non ha ancora un’applicazione omogenea sul territorio e ha sollevato alcune perplessità da parte delle associazioni che paventavano il rischio di ulteriori ritorsioni da parte degli autori delle violenze.
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