È finito quello che nei libri di storia sarà probabilmente ricordato come l’anno del Covid-19. Questo 2021 porta con sé le conseguenze sull’economia e sulle persone di una crisi durissima. Il mondo è cambiato; e forse siamo cambiati anche noi. Per questo, 50&Più ha sentito l’esigenza di rinnovare, negli ultimi mesi del 2020, l’indagine sull’impatto sociale e sulle prospettive delle persone dentro la pandemia globale. Dalla ricerca è emerso che gli associati di 50&Più hanno dato risposte tendenzialmente più positive del restante campione.
Mi piace allora poter pensare che l’associazionismo – il nostro associazionismo, in particolare – sia in qualche modo un antidoto, non a questa infida malattia (incrociamo le dita per il vaccino in arrivo), quanto alla sofferenza personale. C’è più solidità individuale dietro la scelta di essere parte di qualcosa più grande di se stessi e questo “qualcosa di più” rafforza anche i singoli che ne fanno parte, grazie ai servizi, agli stimoli culturali, alle relazioni umane e al senso di comunità. Grazie alle altre persone, insomma.
Mi torna in mente a questo proposito una storia che ho raccontato alcune volte proprio nelle Feste appena trascorse. Sul treno ci sono un papà e il figlio piccolo che vanno dai nonni per le vacanze; il viaggio è lungo, il bimbo è stanco e continua a fare domande guardando fuori dal finestrino: «Cos’è quello papà?» e poi «Quando arriviamo?». Il papà, per tenerlo occupato e leggere il giornale in santa pace, strappa una pagina pubblicitaria del giornale dove è rappresentato un mappamondo, la divide in molti pezzetti e invita il bambino a ricostruire il mondo, come fosse un puzzle. Non fa però in tempo a rimmergersi nella lettura che il bambino esclama: «Ho finito!». «Ma come hai già finito? Il globo da ricostruire era veramente complicato!», chiede il papà costernato. A dispetto della difficoltà, la ricostruzione è però veramente impeccabile. E il bambino, infatti, gli risponde candidamente: «Io in realtà non ho guardato il mondo; sul retro dei pezzi c’era la figura di un uomo e io ho ricostruito l’uomo… a quel punto il mondo si è aggiustato da solo!».
Ecco, forse – mi dico -, è proprio da qui che dobbiamo ripartire anche noi. Il mondo sembra diventato ancor più complicato e a tratti incomprensibile. Allora, dobbiamo ripartire dalle persone, dall’uomo, dalla sua centralità e dai suoi valori. Dobbiamo – pezzo dopo pezzo – partire da ognuno di noi. D’altra parte, anche il Rinascimento, 600 anni fa, è nato dal rimettere al centro l’uomo, dall’Umanesimo appunto.
Ogni Rinascimento ha dentro un Umanesimo, ogni uscita dai “tempi bui” prende slancio dalla persona umana. Ogni ripartenza non potrà che cominciare dalle donne e dagli uomini di buona volontà, che decidono di fare bene e per bene e rimettersi in gioco. Buon anno a tutti voi, cari amici di 50&Più.
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