Tutto avviene di nascosto, senza segnali, poco alla volta ma senza sosta. La perdita di massa ossea non “fa scalpore”, avviene a nostra insaputa, e per questo l’osteoporosi si è meritata il soprannome di “malattia silenziosa”.
Ma il 20 ottobre questo silenzio verrà interrotto da una serie di eventi organizzati in tutto il mondo in occasione della Giornata Mondiale dell’Osteoporosi, una ricorrenza istituita dalla International Osteoporosis Foundation (IOF), un’organizzazione no profit internazionale con sede in Svizzera. In Italia le iniziative previste per celebrare il World Osteoporosis Day (qui l’elenco completo) sono gestite dalla Fondazione Italiana Ricerca sulle Malattie dell’Osso (FIRMO). E sono tutte ideate con lo scopo di “ricordare l’importanza di uno scheletro sano per trascorrere la terza età in salute e autonomia”.
Intanto però, in attesa di scoprire gli eventi della vostra città, potreste sottoporvi a un semplice e utile test on line per valutare il rischio di osteoporosi. Lo strumento, disponibile in 35 lingue, è stato messo a punto dalla International Osteoporosis Foundation proprio in occasione della Giornata Mondiale.
Il calcolo del rischio si basa su alcuni fattori che aumentano le probabilità di andare incontro a fragilità ossea. Cinque fattori di rischio non sono modificabili, gli altri potrebbero essere attenuati con un cambiamento dello stile di vita.
Il primo fattore di rischio non modificabile è il sesso: le donne sono più esposte alla malattia degli uomini. Nel mondo si stima che una donna su tre con più di 50 anni subisce una frattura ossea per colpa dell’osteoporosi, in confronto a un uomo su cinque. Inoltre, passano più tempo in ospedale per i danni dell’osteoporosi che per gli effetti sulla salute del tumore al seno, del diabete o di un infarto.
Il secondo fattore di rischio è l’età: uomini e donne over 60 sono particolarmente fragili. Il terzo è il peso: le persone sottopeso hanno probabilità maggiori di sviluppare la malattia che consuma le ossa delle persone con un indice di massa corporea normale o elevato.
Il quarto fattore di rischio non modificabile è la familiarità: se in famiglia qualche parente ha sofferto della malattia, è possibile che la storia si ripeta. Il quinto è la presenza di altre patologie.
Fin qui è il fato a scegliere per noi. Ci sono però margini di manovra nella prevenzione dell’osteoporosi: smettere di fumare, ridurre il consumo di alcol se è eccessivo, svolgere regolare attività fisica, rinforzare i muscoli, assumere calcio attraverso gli alimenti o con gli integratori, assicurarsi la giusta dose di vitamina D esponendosi ai raggi del sole oppure compensando i deficit con prodotti farmaceutici.
«L’osteoporosi si insinua silenziosamente, sottovalutarla può essere pericoloso. Le fratture causate dall’osteoporosi possono provocare disabilità a lungo termine compromettere la qualità della vita e far perdere l’indipendenza. Sono pertanto essenziali test e trattamenti tempestivi per chiunque sia ad alto rischio. Dobbiamo tutti ricordare che le ossa sane ci mantengono dritti e forti, permettendoci di godere dell’invecchiamento attivo e della continua autonomia», ha ricordato Cyrus Cooper, presidente dell’IOF.
In occasione della Giornata Mondiale dell’Osteoporosi la Firmo e l’IOF hanno diffuso i risultati dell’ultimo rapporto Ossa spezzate, vite spezzate che fotografa la situazione europea, con dati anche sull’Italia
Nel Belpaese, nel 2017, si sono verificate 560mila nuove fratture ossee da fragilità. L’osteoporosi, nel 2015, ha colpito 3,2 milioni di donne e 800mila uomini procurando una spesa sanitaria di 9,4 miliardi destinata a salire a 11,9 miliardi entro il 2030: le previsioni indicano infatti un aumento delle fratture da fragilità in Italia del 22,4% a causa dell’invecchiamento della popolazione.
Non va dimenticato, infine, che un ruolo fondamentale nella gestione dell’osteoporosi ce l’hanno i chirurghi. Secondo l’IFO nell’80% dei casi, i pazienti che subiscono un intervento chirurgico per una frattura non vengono sottoposti ad esami per valutare la densità ossea. Un recente studio pubblicato sul Journal of the American Academy of Orthopaedic Surgeons (JAAOS) invita esplicitamente gli ortopedici che maneggiano il bisturi a prescrivere gli esami diagnostici specifici ai propri pazienti.
«In aggiunta al disagio immediato, al tempo di guarigione e di recupero, una frattura iniziale aumenta significativamente il rischio di fratture successive e può innescare una spirale negativa di dipendenza dall’assistenza sanitaria, di aumento dei costi e compromissione della qualità della vita, nonostante l’esistenza di trattamenti e programmi orientati alla prevenzione secondaria delle fratture da fragilità», ha spiegato Cyrus Cooper, presidente dell’IOF.
È auspicabile che i chirurghi facciano la loro parte.
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