Ancora oggi, con oltre 60 Paesi in tutto il mondo impegnati in guerre e rivolte, il numero dei rifugiati è altissimo e in continua crescita. E, secondo i dati delle Nazioni Unite, più della metà dei profughi sono bambini.
La Giornata mondiale del rifugiato è dedicata a tutti coloro che sono stati costretti a lasciare il proprio Paese per motivi di guerra, di discriminazioni, di povertà. Celebrata inizialmente in alcuni Paesi dell’Africa come Giornata africana del rifugiato, nel Duemila è stata poi istituita a livello globale dalle Nazioni Unite, con la risoluzione dell’Assemblea generale 55/76. Secondo i dati dell’Unhcr aggiornati al 2021, sono oltre 84 milioni le persone che si sono dirette fuori dai propri confini nazionali per ragioni di necessità e di pericolo, e oltre 48 milioni coloro che vengono definiti come “sfollati interni”, ossia che hanno cambiato posto restando però all’interno del proprio Paese. I rifugiati che hanno ottenuto la protezione internazionale in nome della tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sono invece 26,6 milioni.
La Giornata mondiale del rifugiato: da Ginevra a oggi
La Convenzione di Ginevra del 1951 e il Protocollo di New York sullo status di rifugiato del 1967 rappresentano gli strumenti del diritto internazionale più importanti, perché definiscono le modalità di comportamento dei diversi Paesi nei confronti dei rifugiati e delle persone in cerca di asilo. Ancora oggi ci sono Stati che non hanno ratificato questi documenti collettivamente condivisi, come la Libia, più volte denunciata dalla comunità internazionale per i trattamenti inumani e degradanti riservati ai tanti migranti provenienti dall’Africa subsahariana, India, Iraq, Cuba, Indonesia, Sri Lanka, Giordania e Siria.
Più di 60 Paesi interessati da guerre
Fino allo scorso anno il 68% di tutti i rifugiati nel mondo proveniva da soli cinque Paesi con gravi situazioni di crisi: Siria, Venezuela, Afghanistan, Sud Sudan e Myanmar. Quest’anno la guerra in Ucraina ha già fatto registrare la fuga dal Paese di oltre cinque milioni di persone, circa il 5% del totale degli abitanti, senza contare gli sfollati interni che lasciano le città dell’Est particolarmente devastate dal conflitto in corso.
Nel mondo oggi ci sono più di sessanta Paesi interessati da guerre, conflitti tra fazioni interne, gruppi armati che terrorizzano le popolazioni e conseguenti crisi umanitarie: dal Congo all’Etiopia, dalla regione del Sahel con Mali, Niger, Burkina Faso e Ciad, passando per la Nigeria e il nord del Camerun, sempre più spesso sottoposti ad attacchi e violenze contro i civili per mano di gruppi armati.
In Myanmar, a seguito di un colpo di Stato, i movimenti di rivolta popolare sono stati repressi con la forza, mentre in Venezuela la crisi produce tensioni sempre più gravi. In Siria la guerra cominciata nel 2011 non è finita ma non se ne parla più, come poco si parla di Yemen, Pakistan, e ormai sempre meno anche di Afghanistan, dopo la “parentesi” della ripresa del potere “ufficiale” da parte dei Talebani.
I bambini nella Giornata mondiale del rifugiato
Sempre secondo i dati delle Nazioni Unite, più della metà dei rifugiati nel mondo sono bambini: molti di loro sono separati dalle famiglie e spesso viaggiano anche da soli, almeno 110mila solo nell’ultimo anno, un numero comunque sottostimato. Purtroppo i minori sono anche direttamente coinvolti in molti conflitti armati, dove gruppi di milizie spesso addestrano anche i bambini all’uso delle armi.
Parallelamente all’aumento delle persone in fuga da guerre e crisi nel mondo, l’Ue ha cominciato ad alzare muri sempre più alti, tanto che oggi si sente parlare spesso di “fortezza Europa”, di confini sempre più militarizzati e accordi intrapresi con Paesi terzi (come la Turchia, il Marocco o la Libia) per frenare i flussi migratori con conseguenti cambiamenti di rotta.
Nel 2020 sono stati 1.400 i migranti morti nel tentativo di attraversare il Mediterraneo; nella prima metà del 2021 almeno 1.146. Gli arrivi via mare in Italia, Spagna e Grecia sono stati 87mila, con una diminuzione del 20% rispetto al 2019. La ridistribuzione delle presenze continua a non essere omogenea: la Germania è il Paese che accoglie il maggior numero di rifugiati fra quelli dell’Unione, un rapporto di 14 ogni mille abitanti. In Italia i rifugiati sono circa 185mila (dati 2021), ai quali si sono aggiunti gli ucraini arrivati dal 24 febbraio in poi, circa 95mila. Lo scorso anno le principali aree di provenienza sono state il Corno d’Africa, l’Africa subsahariana e il Medio Oriente. Delle domande di asilo presentate nell’Unione europea, l’Italia ne ha ricevute solo il 5% del totale, circa 26.500 contro le oltre 43.600 del 2019. Le commissioni territoriali hanno esaminato oltre 42mila richieste per il riconoscimento dello status, ma lo hanno accordato solo a 4.500 persone, mentre hanno ottenuto la protezione sussidiaria quasi cinquemila richiedenti, e altri 757 la protezione speciale. Le restanti 32.297 domande sono state respinte.
La Giornata mondiale del rifugiato: la crisi ucraina
Degli oltre cinque milioni e mezzo di ucraini che hanno lasciato il Paese, 655mila persone sono fuggite prima della fine del mese di febbraio, mentre quasi tre milioni e mezzo hanno viaggiato a marzo. Gli sfollati interni sarebbero invece almeno sette milioni, anche se alcuni stanno rientrando nelle loro città, soprattutto se provenienti dall’oblast di Kyiv, dove il ritiro delle truppe russe e il loro ulteriore dispiegamento a sud e nell’est, ha consentito un parziale ritorno degli abitanti delle zone a nord della capitale, cosa che ha permesso un accenno di ripartenza nonostante permanga un forte clima di insicurezza.
Fra le persone che si sono dirette all’estero, 2,7 milioni sono andate in Polonia, oltre 730mila in Romania, più di 450mila in Ungheria, 420mila in Moldavia e 333mila in Slovacchia. Ci sono poi altri 485mila ucraini che si sono spostati in Russia e 23mila in Bielorussia. Si tratta, secondo l’Unhcr, del più grande flusso di profughi dalla fine della Guerra Fredda: da un’analisi dei dati condotta dall’Università della California, il tasso di partenze degli ucraini è stato il più alto del mondo dal 1990, e i cittadini che hanno lasciato il Paese nei primi due mesi di guerra hanno superato quelli che lasciarono l’Iraq nel 1991 (1,4 milioni), la Siria nel 2013 (2,2 milioni) e il Venezuela nel 2018 (2 milioni).
Dei 95mila ucraini giunti in Italia, 49mila sono donne e 35mila sono minori. Gli uomini sono 11mila, prevalentemente over 60 a causa del divieto per i più giovani di lasciare il Paese perché arruolabili nelle forze armate. Le principali destinazioni dichiarate al momento dell’ingresso alla frontiera sono state Milano, Roma, Napoli e Bologna, e più di due terzi dei rifugiati ucraini sono stati accolti da famiglie.
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