Una rivoluzione copernicana sta prendendo atto per i medici di famiglia. Cambia infatti il volto delle cure territoriali. Sono 2 miliardi i fondi previsti dal PNRR che permetteranno di costruire, sul territorio nazionale, oltre 1300 case di comunità. Serviranno a curare gli italiani vicino casa, per garantire quell’assistenza territoriale che manca nel nostro paese e che, soprattutto i primi mesi della pandemia, è mancata tanto. La Sanità, quindi, si sposta al di fuori dell’ospedale e i medici dovranno garantire non più solo le 20 ore a studio, ma anche 18 ore al di fuori.
Il Ministero della Salute sta lavorando, infatti, a un documento dal titolo “Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale”, che a breve invierà alle Regioni. Un passaggio che permetterà di scrivere il tanto atteso il decreto ministeriale 71, quello che disegnerà la cosiddetta Sanità “di prossimità”, per portare i medici più vicino ai pazienti.
Sanità di prossimità: novità per i medici
Rimane intatto il rapporto di convenzione, ovvero il legame fiduciario tra pazienti e medici di famiglia. Questi ultimi però dovranno impegnarsi a un orario di 38 ore settimanali, di cui 20 all’interno degli studi e 18 per attività sanitarie nel distretto. Cambiano anche le regole che dettano lo stipendio: al 70% sarò calcolato in base al numero degli assistiti e al 30%, invece, deciso in base ai servizi svolti nel distretto. Sono previsti incentivi per tutti i camici bianchi che lavoreranno associando gli studi con altri colleghi. C’è poi la percentuale “a risultato”, vincolata al raggiungimento del target e alla partecipazione ad attività che, fino ad oggi, non sono affatto scontate. Attività che vanno dalla promozione della salute ai programmi di telemedicina, passando per la definizione dei Percorsi diagnostico-terapeutici e delle cure di assistenza domiciliare.
Le case di comunità e la sanità di prossimità
Le case di comunità diventeranno quindi un luogo fisico, di prossimità e di facile individuazione. Un posto in cui l’assistito potrà accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria. Ne sono previste 1.288, per la precisione, e dovranno aprire i battenti entro la metà del 2026 per sfruttare le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Dovranno rappresentare un filtro sul territorio per evitare accessi impropri negli ospedali. Riflettori puntati, in particolare, sui pazienti anziani e cronici, più colpiti da ricadute che spesso portano al ricovero lontano dall’ambiente familiare.
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