Fu un anno eccezionale, musicalmente parlando. Prolifico di capolavori che hanno lasciato il segno nell’immaginario collettivo. Cinquant’anni fa rock, pop e black music davano vita ad un’irripetibile serie di classici che hanno attraversato il tempo.
La prima del Don Giovanni a Vienna, il 7 maggio 1788 – nonostante il grande successo ottenuto a Praga sei mesi prima e la revisione per renderla ancora più “appetibile” – fu un fiasco. Lo stesso imperatore asburgico Giuseppe II fece sapere, tramite l’autore del libretto Lorenzo Da Ponte, a Mozart che «è opera divina, ma non è pane per i denti dei miei viennesi». Amadeus rispose serafico: «Lasciamo loro il tempo di masticarlo». Da allora è una delle opere più rappresentate al mondo (la prima è La Traviata di Giuseppe Verdi, la seconda Il flauto magico dello stesso Mozart), non solo nella capitale austriaca.
Questo avviene non così di rado nella musica classica, mentre molto diversa è la realtà della musica pop e rock, la cosiddetta “musica di consumo”, che, proprio in quanto tale, richiede un “consumo” immediato da parte dei fruitori, non lasciando loro margine per ripensamenti o dubbi di opinione. Non solo: il successo di un disco è sempre più rapido e breve, dura ormai poco più de l’espace d’un matin (il modo di dire viene da un verso del poeta francese seicentesco François de Malherbe, che così definì il tempo di vita di una rosa). E sono sempre più rari quelli destinati a rimanere nelle raccolte personali per essere riascoltati con la medesima soddisfazione anche a distanza di tempo, di anni.
Meraviglia allora ritrovare fra le mani per metterli sul piatto del nostro vecchio giradischi – ma ovviamente li possiamo trovare tutti in rete senza difficoltà – la lunga serie di album senza tempo, ancora attualissimi e carichi di significato all’ascolto, pubblicati durante un anno di eccezionale creatività artistica per il rock, il pop e la black music: il 1971. Mezzo secolo fa: chi lo direbbe ascoltandoli oggi?
Noi qui vi ricordiamo i 12 più importanti, tutti dei capolavori nel loro ambito. Iniziamo da quello che la rivista americana Rolling Stone ha messo al primo posto nella classifica redatta all’inizio di quest’anno de “i 500 migliori album di tutti i tempi”. Si tratta di What’s Going On di Marvin Gaye, che ha rinnovato totalmente la soul music con la sua voce inimitabile, l’andamento insinuante, la libertà estetica e testi che parlano di ecologia, guerra e ingiustizie sociali, oltre che di amore intenso e vero (da notare che nella precedente stesura della stessa classifica, datata 2003, era al sesto posto, mentre il primo era occupato da Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, scivolato oggi addirittura al 24° posto, a indicare il variare dei riferimenti della critica negli ultimi vent’anni).
Un altro album senza tempo datato 1971 è il magnifico Imagine, che la classifica di Rolling Stone relega scandalosamente al 223° (duecentoventitreesimo: sic!) posto. John Lennon ci porta dall’eterno ottimismo della volontà della title-track alla pungente Gimme Some Truth, dalla dolente Jealous Guy alla zampillante Oh Yoko!, senza soluzione di continuità e senza cadute. Impeccabile maestria pop.
Come giudicare l’assenza in quella classifica dell’infinito testamento della stagione hippie: If I Could Only Remember My Name di David Crosby, album “di una bellezza senza aggettivi” come è stato scritto? Autentica miopia!
Altrettanto belli ed emozionanti Blue della canadese Joni Mitchell, n. 3 per Rolling Stone, una confessione personale («non avevo segreti per il mondo») in forma di poesia cantata, capolavoro acustico e vocale, e Tapestry di Carole King, vendutissimo album di riferimento su come si scrivono e si interpretano canzoni intense e piene di malinconia oppure di gioia, registrati pressoché in contemporanea negli stessi studi A&M di Hollywood. Imperdibili anche Hunky Dory di David Bowie, in cui nasce il suo inimitabile blend di rock appariscente, ballate da camera, intenzioni camp e visioni stellari, Aqualung, che rimane il migliore lavoro dei Jethro Tull, con le sue critiche sociali distese tra atmosfere blues, rock deciso e delicati episodi acustici, e In den Gärten Pharaos dei Popol Vuh, dalle sonorità mistiche, solenni e introspettive.
In quello che è stato definito “l’anno in cui il rock è esploso” non potevano mancare grandi lavori propriamente rock. Epocali il IV dei Led Zeppelin, tra potenza e misticismo, con la classica ballata epica Stairway To Heaven e l’apocalisse blues di When The Levee Breaks, Who’s Next della band di Pete Townshend, che apre al futuro con le stupefacenti combinazioni tra rock e invenzioni dei synth, e il dolente Pearl di Janis Joplin, intenso e drammatico come la vita della protagonista, spenta dall’eroina poco prima di finire le registrazioni di questo LP.
Infine l’Italia, con almeno un capolavoro: Non al denaro non all’amore né al cielo, indimenticabile rivisitazione di Fabrizio De André dell’Antologia di Spoon River, la raccolta di poesie-epitaffio dell’americano Edgar Lee Masters.
Questi non furono gli unici capolavori che resero quell’anno per certi versi ineguagliabile. Sotto abbiamo riunito, divisi per genere, altri pezzi memorabili. Trattarli tutti sarebbe stato impossibile.
Black music
- Just As I Am, debutto folk-soul di Bill Whiters.
- There’s A Riot Goin’ Home di Sly and the Family Stone, funk angoscioso e implosivo, amareggiato e avvincente.
- Shaft di Isaac Hayes, best seller della blaxploitation, la corrente dettata dalle colonne sonore di film con personaggi solo di colore.
- Here Come The Sun, uno dei migliori dell’immensa Nina Simone.
- Maggot Brain dei Funkadelic, con il funk-rock psichedelico e provocatorio di George Clinton.
Pop
- Madman Across The Water che lanciò definitivamente Elton John.
- 200 Motels di Frank Zappa, doppio soundtrack inafferrabile che confronta il rock con country, jazz e soprattutto la musica contemporanea.
- Every Pictures Tells A Story, tosto miglior esito di Rod Stewart, con l’immensa “Maggie May”.
- The Land Of Grey And Pink dei Caravan, n. 1 del suono di Canterbury, unisce atmosfere folk medievali a un elegante rock-jazz.
- Histoire de Melody Nelson, concept della coppia francese Serge Gainsbourg-Jane Birkin, sensuale e leggero quanto convincente.
Rock
- At Fillmore East degli Allman Brothers, uno dei più esaltanti album live di sempre.
- Sticky Fingers, pungente meraviglia dei Rolling Stones, quello dell’anthem “Brown Sugar”.
- Master Of Reality dei Black Sabbath, durissimo, quasi metal.
- High Tide, violento pugno nello stomaco dei pre-punk MC5.
- Electric Warrior dei T. Rex, capolavoro del glam rock, in cui Marc Bolan distilla sesso e fantasy.
- The Pictures At An Exibition, revisione di Emerson, Lake & Palmer della composizione classica di Modest Mussorgsky.
- Tago Mago, secondo lavoro dei tedeschi Can, riferimento del krautrock.
- L.A. Woman dei Doors, formidabile epitaffio postumo di Jim Morrison, morto sul finire del ’70.
Country e country-rock
- Coat Of Many Colors della superstar Dolly Parton, il suo più duro, commovente e crudo.
- Coal Miner’s Daughter, autobiografico e pop, diventato un libro di memorie e un biopic, che lanciarono definitivamente la diva country Loretta Lynn.
- 4 Way Street di Crosby, Stills, Nash & Young, doppio gioiello live del supergruppo USA per eccellenza.
- John Prine, debutto del cantautore folk-country-rock poco noto da noi ma venerato negli USA, dove lo hanno paragonato a Mark Twain.
Progressive
- Nursery Crime dei Genesis, quasi sinfonico nel presentare la loro eccentrica visione del mondo.
- Fragile degli Yes, un su e giù emozionante tra dinamismo mozzafiato e song acustiche.
- Faust, folgorante debutto dei tedeschi Faust, nuovo e caotico collage dadaista.
- Pawn Hearts dei Van der Graf Generator, testi esistenziali e intensità espressiva senza confini.
- Caronte dei Trip di Joe Vescovi, solido concept, tra i migliori di un gruppo progressive italiano.
Italiani
- Collage delle Orme, in perfetto equilibrio tra canzone e pop progressivo.
- Concerto grosso dei New Trolls, uno dei più riusciti esiti in assoluto di rock orchestrale, con il determinante contributo del premio Oscar Luis Bacalov.
- Oltre la collina, ottimo debutto di Mia Martini.
- Volo magico n. 1, secondo, visionario LP di Claudio Rocchi.
- Amore caro, amore bello di Bruno Lauzi, poetico e sorridente.
- Ys de Il Balletto di Bronzo, duro e progressivo, acido e dissonante.
Evento
The Concert For Bangladesh, registrazione del megaconcerto benefico, con tutti i vip al loro meglio, pubblicato il 20 dicembre, a chiudere l’esaltante stagione 1971.
(Foto Apertura: S__S/Shutterstock.com)
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