È necessario come mangiare e respirare, senza non potremmo vivere. Il sonno è una funzione fisiologica vitale per l’organismo. Anche per questo, per ricordarne l’importanza, ogni anno si celebra la Giornata Mondiale del Sonno. Organizzata dalla Commissione della Giornata Mondiale del Sonno della World Association of Sleep Medicine, quest’anno la ricorrenza sarà il 19 marzo. Per convenzione, infatti, l’evento cade nel venerdì che precede l’equinozio di primavera. Il momento adatto per sensibilizzare e fare il punto, anche sulla qualità (e quantità) del sonno fra i senior.
Il cattivo sonno degli italiani: il 53% non è soddisfatto
In Italia, a livello di qualità del sonno non ce la passiamo troppo bene. Anzi. Il 53% di noi non è soddisfatto del proprio sonno e l’82% dichiara di svegliarsi almeno una volta per notte. Addirittura quasi 1 su 3 ammette che la difficoltà a dormire ha un impatto negativo sulla vita di coppia.
A dircelo è Wake Up Call: Global Sleep Satisfaction Trends, ricerca promossa da Philips per indagare su atteggiamenti, percezioni e comportamenti relativi al sonno. Lo studio ha analizzato 13 Paesi nel mondo, Italia compresa, coinvolgendo un campione di 1.000 persone. Condotto poco prima dello scoppio dell’epidemia, ha evidenziato l’incidenza dello stress (42%) sugli effetti di un sonno insoddisfacente. Ma un ruolo altrettanto negativo è svolto dall’ormai inveterata abitudine di usare il telefonino a letto (70%) e immediatamente prima di prendere sonno (35%).
Sogni d’oro… “in qualche modo”
Ma non sono gli unici aspetti rivelati dall’indagine condotta dalla Philips. Sappiamo, ad esempio, che il metodo più seguito da noi italiani per cercare di prendere sonno resta guardare la televisione (45%), ridurre la caffeina (30%) e dedicarsi alla lettura (29%).
Ciò che stupisce di più, però, è la percezione che abbiamo del problema. Solo il 7% degli intervistati, infatti, ammette di essersi rivolto ad uno specialista e il 6% di utilizzare uno strumento per monitorare il proprio riposo. C’è dunque scarsa attenzione a migliorare la qualità del riposo notturno, nonostante sintomi apparentemente banali possano condurre a vere patologie.
Poco sonno, ovvero molta ansia e problemi di cuore
I disturbi del sonno sono tra le prime cause di malessere, spesso responsabili di ansia e depressione. Allo stesso tempo, circa il 90% degli individui depressi non riesce ad avere una buona qualità del sonno. Un circolo vizioso difficile da scardinare, ma anche un problema per un terzo della popolazione mondiale. Dormire poco, quindi, procura uno stato di stress fisico e psicologico, fino ad intaccare anche l’equilibrio e la salute dei nostri organi interni.
A risentirne in particolar modo sono cuore e intestino. Gli studi mostrano correlazione tra disturbi del sonno e problemi cardiaci. Attacchi di cuore o infarti sono più probabili in coloro che non dormono tra le 7 o 8 ore a notte, intervallo consigliato dalla National Sleep Foundation. La pressione alta, infatti, è cruciale per chi soffre di problemi cardiaci. Secondo il Center for disease Control and Prevention questa si autoregola efficacemente con un buon riposo notturno, a tutto vantaggio del cuore.
Dormire poco fa ingrassare e danneggia il sistema immunitario
Dormire poco ha effetti negativi anche sull’aumento di peso che, a sua volta, incide sul sistema cardiovascolare. Gli adulti con poche ore di sonno alle spalle hanno il 55% di probabilità in più di sviluppare una qualche forma di obesità. Questo aspetto, secondo i ricercatori, è profondamento correlato a tutto il sistema ormonale, responsabile anche della richiesta di cibo da parte del corpo, maggiore in chi resta sveglio più a lungo.
L’insufficienza di sonno aumenta anche il rischio di infiammazioni a lungo termine. Secondo uno studio del World Journal of Gastroenterology esiste un legame evidente tra privazione del sonno e malattie infiammatorie del tratto gastrointestinale. Come se non bastasse altri ricercatori hanno messo in correlazione diretta con la mancanza di sonno persino lo sviluppo del raffreddore. Dopo aver somministrato il virus, hanno scoperto che, coloro che dormivano meno di 7 ore per notte, avevano quasi 3 volte più probabilità di sviluppare la malattia rispetto a chi ne riposava almeno 8.
La pandemia non fa bene al nostro sonno
Eravamo già un Paese insonne, ora uno studio effettuato dall’Università di Parma su un campione di oltre 6mila persone tra i 18 e gli 82 anni e pubblicato su Frontiers in Psychology, ci dice che il lockdown ha avuto la mano pesante anche su quel poco di riposo di cui godevamo. Ben il 55,32% lamenta infatti una ridotta qualità del sonno. Situazione a cui si accompagna ovviamente un aumento di stress, ansia e depressione.
Ma non è l’unica indagine che ha fatto scattare l’allarme. Una ricerca dell’Assirem, l’Associazione Scientifica Italiana per la Ricerca e l’Educazione nella Medicina del Sonno, fatta la scorsa primavera su un campione di 1.000 persone, ci dice che siamo andati a letto una o due ore più tardi rispetto al periodo pre-Covid. Qualcosa turba ormai il nostro sonno: il 50% di chi prima si addormentava in 15 minuti ha iniziato a impiegare fino a due ore.
Ma se fosse solo questo il problema, una volta finita la pandemia dovrebbe svanire anche l’insonnia. E invece, secondo uno studio canadese pubblicato su Jama Open, quest’ultima tende a diventare permanente. Chi dorme male ora, dunque, rischia di fare altrettanto quando l’emergenza sarà finita. E già in epoca pre-Covid erano circa nove i milioni di italiani con insonnia cronica.
Mancanza di sonno ed empatia, uno studio
Uno studio nel Journal of Sleep Research ha esaminato le risposte delle persone agli stimoli emotivi e ha dimostrato come la mancanza di un buon riposo notturno mina i rapporti umani basati sull’empatia. Le espressioni del viso, stravolto dalle notti insonni, non sono più decifrabili, col risultato che le interazioni personali diventano meno gratificanti.
Una grave perdita, dal momento che mantenere rapporti significativi aumenta la felicità e rende le persone più appagate. Un altro buon motivo per non considerare mai più il sonno “una perdita di tempo prezioso”. Anzi.
Come dormono senior? Insomma…
I disturbi del sonno in Italia sono in crescita soprattutto tra i senior e i soggetti con un livello socioeconomico inferiore. Lo conferma uno studio condotto nel 2019 ma pubblicato ad ottobre 2020 sulla rivista Scientific Reports dai ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), l’Università Bocconi e l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, in collaborazione con l’Istituto Doxa. Per realizzarlo, tra febbraio e marzo 2019, sono state intervistate 3.120 persone dai 15 anni in su. Nello studio viene definito “insufficiente” un sonno di durata uguale o inferiore alle 6 ore, mentre è “insoddisfacente” quello giudicato qualitativamente basso o molto basso dagli intervistati.
Nel complesso lo studio ha confermato i risultati della maggior parte delle analisi condotte sulla popolazione europea, Italia compresa. In particolare, ha confermato quelle analisi che parlano di una maggiore insoddisfazione soggettiva del sonno che tende ad aumentare con l’età. Ha così rafforzato il concetto che una condizione di sonno “insufficiente” è più frequente tra i senior. Precedenti studi avevano già dimostrato che il sonno diventa più disturbato e leggero con l’età. Una condizione che potrebbe essere attribuita a cambiamenti fisiologici o alla diminuzione nel tempo della produzione di melatonina.
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