Hanno sette vite, si dice. Per la scienza invece hanno sicuramente il potere di allungare quella delle persone con cui vivono. Ovviamente parliamo di felini. Oggi, Giornata Nazionale del gatto, una ricorrenza nata nel 1990, si celebrano oltre 7 milioni di gatti – sono persino più dei cani! – domestici solo nel nostro Paese.
I benefici della convivenza con un animale domestico sono stati ampiamente dimostrati. Ma soprattutto sono validi ad ogni età. I gatti però sembrano essere gli animali da compagnia più adatti ai senior.
Tendenzialmente tranquilli, abbastanza autonomi e indipendenti, meno impegnativi di un cane, richiedono una quantità di cure accettabile. Inoltre, anche quel poco movimento che viene eseguito per prendersene cura rappresenta una moderata e salutare attività fisica. Accudirli aumenta il buon umore e l’autostima. Da parte loro i gatti dimostrano affetto, capacità di fare compagnia e di portare allegria.
Il gatto, un animale da compagnia adatto ai senior
Il gatto, come dicevamo, sembra essere il compagno ideale per i senior. Tendenzialmente si abitua senza troppi problemi alla vita in appartamento. Alcune razze però sembrano più adatte di altre.
C’è da dire che anche l’età del felino conta. È un elemento importante, che influisce sull’alchimia di un rapporto più facile con un “inquilino” senior. Prendere in casa, ad esempio, un gatto troppo giovane, ancora cucciolo, potrebbe apparire entusiasmante ma alla lunga, essendo il soggetto molto – forse troppo – giovane, potrebbe far nascere problemi nella gestione di una gioventù piuttosto irrequieta. Stessa cosa dicasi per un gatto che ha ormai un carattere troppo definito: potrebbe rivelarsi un’impresa difficile educarlo su alcuni comportamenti da tenere.
Persiano, Certosino o Siamese? A voi la scelta
Come dicevamo, alcune razze sembrano però più “a misura” di senior. Ad esempio, il Siamese. Intelligente, molto comunicativo – riesce a modulare persino differenti tonalità di miagolii per lasciar comprendere i suoi bisogni – e soprattutto affettuoso. Forse a volte anche troppo, diventando quasi morboso nei confronti del suo padrone. È adatto comunque per chi ama trascorrere molto tempo in casa.
Ma anche il Persiano, il Certosino e il Ragdoll (in particolare quest’ultimo) si prestano ad essere pazienti animali da compagnia. Tutti di taglia piuttosto grande, legano molto con il loro padrone, si lasciano accarezzare senza problemi. Si adattano quasi senza problemi, sono docili, affettuosi, socievoli, sufficientemente indipendenti.
Nella classifica dei più quotati per le generazioni senior appaiono anche gatti particolari come il Maine Coon, l’Angora e l’Abissino. Forte, deciso, intelligente il primo, ha un carattere molto indipendente, adatto dunque per chi non indulge troppo in carezze e grattini. È comunque socievole e affettuoso, proprio come l’Angora. Quest’ultimo è sempre concentrato sul suo padrone, ma non troppo da soffrirne una breve assenza. Basta dedicargli un po’ di attenzioni. Diverso, invece, il discorso con l’Abissino. La sua socievolezza è inferiore solo alla sua vivacità. È un grande esploratore, ma soprattutto è molto legato al suo padrone di cui non perde un attimo della sua esistenza e a cui non farà mai mancare la sua compagnia.
MeowTalk, la prima App che traduce il linguaggio dei gatti
Chi non vorrebbe conoscere i pensieri del suo amato amico a quattro zampe? Sarebbe meraviglioso sentirsi dire “Ti voglio bene” o “Grazie per la pappa”. Forse ci siamo, almeno per i fortunati possessori di felini domestici. Certo, non siamo ai livelli del genere “La mia ciotola è vuota, riempila”, ma sembra possibile una traduzione anche se approssimativa di fusa, miagolii e ringhi minacciosi.
L’aiuto arriva da MeowTalk, un’App ideata da Javier Sanchez, mago di ingegneria elettronica (suo è il cervello dietro Alexa di Amazon) e devoto amante dei gatti. Tutto ciò che bisogna fare è registrare i versi del proprio gatto con lo smartphone e l’App li tradurrà in 13 frasi differenti. Tra queste, “Ho fame”, “Lasciami in pace”, “Sono innamorato”, “Pappa per favore!”, “Sto cacciando” e così via. Il funzionamento di base è semplice. Come si legge nelle istruzioni: “È sufficiente registrare nell’App ogni specifico miagolio accompagnato dalla sua descrizione (ad esempio, pappa o fammi uscire). Fornendo da 5 a 10 esempi di un suono specifico l’App inizierà a riconoscerlo e ad identificarlo”.
Diversamente da noi i gatti non condividono un linguaggio comune. Ogni miagolio è unico. Quindi – invece di basarsi su un unico database di suoni – la traduzione dell’App è differente a seconda del profilo del nostro amico. Nelle intenzioni degli ideatori c’è la speranza che, attraverso le varie interpretazioni, sia possibile in futuro comprenderli meglio. Siamo, e probabilmente lo rimarremo sempre, lontani dal decifrare le loro menti. Del resto, questo fa parte del fascino felino.
Il modo con cui i gatti si esprimono è complesso e articolato. Forse sono più loro a comprendere noi che non il contrario. Tuttavia, provare ad usare MeowTalk può essere divertente. Se non altro perché si può ignorare la sua interpretazione scegliendone qualsiasi altra tra le 13 proposte. Nessun gatto può essere ridotto ad un’App, ma a merito di Sanchez va il fatto che la sua nuova invenzione è un “work in progress”. I dati raccolti attraverso le iscrizioni delle migliaia di persone (e gatti) che la stanno già utilizzando gli permette di registrare ed etichettare i diversi vocalizzi, per sviluppare un software più sofisticato ed estendere il vocabolario. Il suo obiettivo finale è sviluppare un collare per mici in grado di tradurre immediatamente i miagolii in lingua umana. Scommettiamo che sarà difficile trovare un gatto disposto ad indossarlo?
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